In scena al Teatro Cometa Off, sino al 2 marzo, Anna Cappelli con Giada Prandi e la regia di Renato Chiocca.
Latina, anni ’60: la giovane Anna s’è trasferita dalla natia Orvieto per lavorare presso il municipio, stabilendosi in affitto in un presso la signora Tavernini, con la quale non ha un bel rapporto a causa dell’invadenza della donna e della presenza dei suoi due gatti, che non tollera.
Anna si sente molto sola nel capoluogo dell’Agropontino; stenta a costruirsi una rete affettiva propria e rimpiange la sua stanza nella casa di famiglia, data dai genitori alla sorella minore contro il suo parere e con suo grande rammarico.
La sua vita monotona, tra lavoro e la piccola stanza in cui soggiorna, subisce un’improvviso cambiamento quando avvia una relazione con l’ingegner Tonino Scarpa, suo celibe collega che vive in una casa da 12 stanze completamente da solo, ad eccezione dell’anziana domestica che lavora per lui da sempre.
Tuttavia le ossessioni della giovane ed il rapporto turbolento con l’amante deflagreranno in un finale spiazzante.
Opera del mai troppo rimpianto Annibale Ruccello, straordinario drammaturgo napoletano morto a soli trent’anni in un incidente stradale nel 1986, dopo aver riscosso premi e successi per spettacoli come Ferdinando, Anna Cappelli è un intenso monologo di un personaggio indimenticabile: una donna nell’Italia del Boom economico che intraprende un percorso lavorativo lontano dalla famiglia, dalla quale si stacca anche emotivamente nel tentativo di costruire una propria esistenza ed un proprio nucleo familiare, accettando i compromessi imposti dal partner riguardo la loro relazione che si scontrano con la morale del tempo.
Anna desidera con intensità di possedere beni materiali ed amore: il senso del possesso l’anima con ferocia, come s’evince dall’astio verso i genitori colpevoli d’aver ceduto la sua stanza e dalle difficoltà a condividere i propri spazi con altre persone, che siano la proprietaria di casa o le sue colleghe al municipio.
Il suo atteggiamento cordiale cela una nevrosi pronta a scattare ed una volontà d’affermazione priva di remore; Anna è fragile ma non insicura, persino nel punto di rottura agisce pur di reclamare ciò che considera di sua proprietà.
Un testo d’una potenza eversiva, portato in scena da Chiocca con una strepitosa Giada Prandi che, nei sette quadri che compongono l’opera, ci conduce negli abissi dell’anima di Anna attraverso un’interpretazione in grado di esprimere il grottesco, l’ironico ed il tragico del personaggio, con un utilizzo di corpo e voce interessantissimo.
Uno spazio che è una sorta di quadrato in cui la protagonista si muove, nella scena di Massimo Palumbo e le luci di Gianluca Cappelletti, ed incarna la dimensione psichica della protagonista oltre che il suo percorso verso il climax finale.
Un lavoro di sottrazione, visivamente messo in scena attraverso la svestizione dell’attrice, in grado d’ipnotizzare il pubblico e destabilizzarlo.
Spettacolo assolutamente da non perdere poiché rende giustizia al talento di Annibale Ruccello grazie a quello di Chiocca alla regia e d’un interprete in stato di grazia.
Roberto Cesano