In scena in serata unica il 18 Luglio, nell’incantevole cornice all’aperto dell’Accademia Nazionale di Danza nell’Aventino a Roma, per il Progetto Lunga Vita, Aspettando Godot. Si tratta della replica dello spettacolo portato al Teatro Spazio Diamante, nella primavera dello scorso anno e che, nell’occasione, vedeva in scena Giorgio Colangeli e Fabrizio Montanari.
Uno dei testi fondamentali della storia contemporanea del teatro; un gioco creato attorno ai due personaggi principali, Vladimiro (Didi) ed Estragone (Gogo), ben interpretati da Giorgio Colangeli e Paolo Briguglia.
Accanto ai due protagonisti, Pozzo e Lucky, i brillanti Riccardo De Filippis e Giancarlo Nicoletti.
Interessante la regia di Filippo Gili che presenta i due protagonisti in abiti sportivi, rompendo la rigida tradizione dei costumi d’epoca.
Quest’opera colossale di Samuel Beckett rappresenta l’attesa del domani che non diventa mai tale e che è sempre l’oggi, nel manifesto del teatro dell’assurdo.
Due uomini, in una terra desolata, seduti sotto ad un albero, forse un salice piangente, aspettano il Signor Godot in un dialogo in cui si accapigliano sugli argomenti più disparati, intriso di riferimenti biblici e slanci repentini in cui discutono di tutto e niente, un non-sense continuo.
L’arte dell’incomunicabilità con L’attesa che è l’elemento caratterizzante, sostanziale; un’attesa che resterà disattesa in una pièce che non porta mai all’azione, quanto piuttosto alla ripetitività e reiterazione dei comportamenti e ad una resa incondizionata dell’uomo, incapace di scuotersi di dosso le paure, solo davanti alla grandezza del compito che lo attende, confinato fisicamente in uno spazio senza tempo, dal quale non riesce mai ad uscire.
L’unico incontro dei due è con Pozzo, il padrone del campo in cui attendono e Lucky, quest’ultimo totalmente asservito al primo e che risponde solo a dei comandi.
Essi rappresentano i rapporti di forza e la rappresentazione dell’ingiustizia sociale, come se l’uno non potesse esistere senza l’altro.
Entrambi fisicamente collegati da una corda-in questa rappresentazione solo ideale-, un guinzaglio padrone-servo, che rappresenta per altre vie un legame indissolubile, severo, ingiusto, a tratti pietoso.
Completa il cast artistico un messaggero, Pietro Marone , che interviene di tanto in tanto per comunicare il mancato arrivo, per oggi almeno, del Signor Godot.
Didi e Gogo dicono: Andiamo?, nessuno si muove, Si… ma perché? Aspettiamo Godot!.
Il gioco della parola vuota che non porta mai all’azione, l’attesa di qualcosa dopo di noi, la morte, Dio o il semplice domani? Intanto noi aspettiamo un nuovo Godot.
Igor Pagan