A.A.A. Cercasi… – No – A.A.A. Aspettando Godot – A per attesa, A per abitudine, A per assenza.
Entrando in sala, l’aria è carica d’attesa. Il palco è una grande scatola chiara con un nastro e un fiocco rosso, come se fosse un pacco regalo. Una videoproiezione incessante, a ciclo continuo, manda immagini street art – stile Banksy – di personaggi intenti in gesti quotidiani e ripetitivi, al ritmo di Eleanor Rigby dei Beatles: “Look at all the lonely people” – Guarda tutte le persone sole.
Con questo incipit si entra subito nello spirito della pièce.
In En attendant Godot, l’attesa è il perno di tutta la storia, un’ attesa carica di gesti e frasi abitudinarie, dove si respira solitudine, dove il risultato della moltiplicazione tra attesa e abitudine è l’assenza, l’assenza di Godot che non arriva. Quella assenza e quella attesa la viviamo quotidianamente. Passiamo anni ad attendere. Passiamo anni bloccati in gesti e situazioni sempre uguali, passiamo ore, giorni davanti a un computer a parlare con chissà chi. L’incomunicabilità che, a volte, traspare dal testo non è maggiore della perdita di linguaggio e della scarsa comunicazione tra gli esseri umani. A un grande bisogno di comunicare – vedasi la nascita dei social network – si contrappone una riduzione del contatto umano.
All’apertura della scatola magica veniamo catapultati in un luogo onirico, senza tempo, dal colore ambrato, distensivo. Gli unici segni di vita sono la sagoma di un albero e un uomo seduto a terra, Estragone, interpretato da Roberto Zorzut bravo nel dare al personaggio, clownesco, una collocazione terrena anche nelle situazioni più assurde. Poi, irrompe in scena Vladimiro, interpretato da Claudio Capecelatro, il quale, ci ha ricordato, a tratti, attraverso la sua comicità dal candore surreale, il suo umorismo innocente e lo sbarrare stupito degli occhi con cui fa vedere il mondo al personaggio, quel grandissimo attore che è stato Macario, con tutti i dovuti distingui. Gli altri personaggi che si susseguono sono: Pozzo, interpretato da Marco Carlaccini, abile nel padroneggiare le vesti del tiranno tanto da sembrare, in alcuni momenti, un domatore di leoni nel circo della vita; Lucky, interpretato da Alessandro Gruttadauria, il quale con i suoi movimenti, la sua staticità e l’unica battuta a sua disposizione riesce a darci l’emozione di chi è ultimo tra gli ultimi; il Ragazzo, un giovane Giorgio Di Donato.
Claudio Capecelatro è anche il regista di questa famosa tragicommedia, compito arduo, come lui stesso asserisce nelle note di regia – “Una regia di Beckett potrebbe sembrare un atto di presunzione”, “ Beckett va percepito non spiegato, perché non c’è nulla da spiegare” – che ha svolto accostandosi al testo con grande umiltà e doveroso rispetto, senza tentare di stravolgerlo e restituendoci un Vladimiro, un Estragone, un Pozzo e un Lucky come se fossero personaggi a noi noti perché incontrati al bar sotto casa.
Vladimiro: “… Soltanto l’albero vive.”
Aspettando Godot sarà in scena fino al 11 Marzo 2012 presso la Casa delle Culture di Roma.
Olimpio Pingitore