Secondo appuntamento nello splendido cortile della basilica di Sant’Alessio sull’Aventino col gruppo de La bottega delle maschere, che, stavolta, propone 4 Atti unici di Pirandello, LA VERITÁ – LA PATENTE – L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA – ALL’USCITA. La scenografia è la stessa per tutti e 4 gli atti, ridotta all’osso ma, fortunatamente, nemmeno così importante, considerando i dialoghi/monologhi impegnativi proposti dagli atti.
LA VERITA’
Pirandello afferma esplicitamente la relatività della verità stessa, riferendosi quindi alle verità e non solo ad una. L’ingenuo protagonista Tararà è incolpato di uxoricidio, compiuto con un’ascia, ma tutti gli attori coinvolti nella scena daranno a loro volta diverse interpretazioni ed esporranno diversi punti di vista; quello del giudice che si limita ad osservare i fatti in modo razionale, l’avvocato che considera l’imputato innocente in quanto in preda alla vendetta per il tradimento della moglie con un cavaliere e quello dello stesso Tararà che invece incolpa la moglie del cavaliere stesso, in quanto non sopportando i tradimenti del marito, comincia a sbandierare l’accaduto in pubblico, cosa che il protagonista voleva tener nascosta.
LA PATENTE
Un poveraccio con una nomina di Jetattore (colui che porta sfortuna) espone denuncia al figlio del sindaco e ad un assessore, in quanto questi, così come tutti, hanno compiuto gesti scaramantici coloriti nel momento in cui avvistavano il poveraccio. In realtà non è interessato alla vittoria o alla sconfitta della sua causa, ma semplicemente al riconoscimento di questa sua “fama da iettatore” tramite una “patente” grazie alla quale può chiedere una piccola tassa alle persone che non vogliono vedere la sua presenza.
L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA
L’opera mette in particolare risalto l’importanza che si dà in genere alle cose della vita, solamente nel momento in cui si rischia di perderle. Il protagonista, un uomo dall’identità sconosciuta ma al contempo irrilevante, scopre di avere un epitelioma, che lo condurrà a morte certa. Ma l’uomo, seduto su una panchina, sembra come non sentire il peso della morte imminente, anzi, parlando accidentalmente con uno sventurato che perde il treno per tornare al suo paesello, comincia a vedere la vita da tutt’altro punto di vista, dando enfasi alle cose più banali che mai avrebbe visto dando così priorità a quella quotidianità da sempre lasciata in disparte, compreso il difficile rapporto che sta vivendo con la moglie, che se da un lato lo vorrebbe sempre a casa pieno delle sue cure, dall’altro invece gli negherebbe gli ultimi piaceri della vita nel contemplare l’utilità di ciò che spesso risulta futile.
ALL’USCITA
Una breve commedia filosofica che disquisisce sul dilemma tra morte e vita: in un cimitero si incontrano dei morti che parlano dei loro legami di quando erano in vita, come quella dell’uomo grasso che aspetta di incontrare la moglie che l’ha tradito, non sapendo che ella sarebbe arrivata a momenti nel cimitero, uccisa dal suo stesso amante. In risalto la figura principale del “filosofo”, filo conduttore della storia che interagisce con i vari personaggi; sarà l’unico a restare fermo all’uscita del cimitero per tutte le domande irrisolvibili che si pone sul senso della vita, per le quali non ha risposta .
Purtroppo l’acustica non è delle migliori a causa dei rumori presenti nei cortili all’aperto, ma la musica classica di intramezzo riesce a calare lo spettatore nel contesto, i costumi sono semplici come sempre.
Considerando le difficoltà intrinseche degli atti proposti, che sicuramente possono esser di tutto tranne che leggeri e allegri, il bravissimo Marcello Amici, conferma uno stile pulito e frizzantino, mentre gli altri attori sembrano a volte più impicciati nell’esposizione, comunque alla fine il complesso rimane godibile nella sua interezza.
Marco Lelli