Uno dei primi lavori cinematografici di Stankley Kubrick s’intitola Fear and desire- Paura e desiderio-, titolo che pare una vera dichiarazione d’intenti riguardo i temi affrontati dal geniale cineasta, nel corso della sua lunga carriera.
Il desiderio di conoscenza è alla base di 2001: Odissea nello Spazio; il desiderio di trasgressione e di azioni vitali e feroci muove Alex, il drugo protagonista di Arancia Meccanica; il desiderio di ritrovare la passione sensuale è il leit motiv di Eyes Wide Shut, capolavoro conclusivo del percorso di Kubrick, morto nel 1999.
Barry Lindon, romanzo storico di W.M. Thackeray , ispirò l’artista statunitense probabilmente per la vicenda umana di Redmond Barry poi Barry Lindon, completamente incentrata sul desiderio dell’ambizioso irlandese di compiere una vertiginosa scalata sociale.
1700, il belloccio ma povero ragazzo irlandese fugge dal proprio villaggio, dopo aver ferito in duello il pretendente della sua amante, un ufficiale inglese, facendo poi fortuna in guerra passando da un esercito all’altro, per poi diventare consorte d’una ricca nobile, acquisendone cognome e titolo dopo aver millantato, per anni, presunti legami parentali con gli antichi sovrani d’Irlanda.
Una brama ingorda e irrefrenabile muove il bel Barry, decretandone ascesa ma anche la caduta, poiché egli non riesce a tenere a bada tale fame finendo in rovina.
Kubrick, affascinato dalla trama, ne girò un adattamento filmico sontuoso e spietato con Ryan o’Neal e Marisa Berenson, considerato una delle vette del maestro per perfezione estetica e ricerca visiva- la fotografia nelle scene d’interni fu realizzata esclusivamente con la luce di candele, per ricreare l’atmosfera dell’epoca.
Giancarlo Sepe porta in scena una riduzione di Barry Lindon che omaggia sia il romanzo ché il film di Kubrick in maniera personalissima e coerente con la sua cifra stilistica; il risultato è un caleidoscopico, sincopato spettacolo che ripercorre, come una furiosa corsa al galoppo, le fasi salienti della storia dell’avventuriero.
Sepe, dio demiurgo del medium teatrale, dirige l’ennesima opera in cui ogni aspetto tecnico è reso ai massimi livelli: tutto, dai corpi e le voci degli attori fino alle luci e le musiche, contribuiscono ad una narrazione visiva di potenza impressionante, suggestiva e ipnotica.
Il Teatro di Giancarlo Sepe è una cornucopia di ricchezza semantica in ogni declinazione, tanto che la Scena stessa è protagonista dei suoi spettacoli, satura di suoni e immagini.
Il nutrito cast, tra cui Federica Stefanelli- Nora– e Sonia Bertin- Lischen– veterane delle produzioni del regista, brilla per eclettica bravura; gli interpreti cantano, danzano, si esprimono in idiomi differenti passando con disinvoltura dal tedesco all’italiano, vorticando sul palco come impazzite formiche in procinto d’esser travolte dalla Storia.
Perfomances corali e momenti individuali s’intervallano, con Mauro Brentel Bernardi- Barry Lindon- che narra al pubblico la propria vita, affermando con orgoglio ostentato la propria propensione al desiderio.
Guido Pizzuti trasforma le luci nelle coprotagoniste dello spettacolo, assieme agli interpreti: esse connotano la messa in scena generando atmosfere oniriche e appassionate, arricchiscono la recitazione dei protagonisti rendendo i loro corpi ancor più affascinanti e lunari, come Nora mai dimenticato primo amore di Barry e proiezione d’un desiderio inesaudibile e per questo ancor più disperatamente tenuto in vita.
Il volto di Nora appare dipinto in una una stella nella bella scenografia di Carlo De Martino, creatore anche dei bei costumi, in cui giganteggia l’illustrazione d’un albero genealogico, simbolo della menzogna di Barry sulle sue nobili origini.
La figura della giovane amata e la classe sociale sono le incarnazioni delle ossessioni dell’uomo, le quali lo accompagneranno per tutta la sua esistenza impedendogli di godere dei traguardi raggiunti.
Barry Lindon è questo in fondo: un’amara riflessione sulla caducità delle aspirazioni umane che s’infrangono contro la crudeltà della matrigna Storia.
Ne è consapevole Giancarlo Sepe che ha realizzato l’ennesimo gioiello teatrale, dimostrando ancora una volta d’esser uno dei più grandi maestri in vita del Teatro contemporaneo, non solo nazionale.
Uno spettacolo d’intensa bellezza visiva e tematica, curato con certosina attenzione, che lascia attonito e incantato il pubblico in sala.
In scena presso il Teatro Argentina fino al 4 novembre.
Roberto Cesano