André Bazin è stata una figura fondamentale per il Cinema: intellettuale innamorato della nona arte, fondò nel 1951 la rivista di critica cinematografica Le Cahiers du Cinema su cui scrissero individui del calibro di Truffaut, Godard, Rohmer, Rivette ed altri che poi crearono la Nouvelle Vague, il movimento artistico che ridefinì i parametri del medium filmico.
Bazin fu il padrino di tale corrente espressiva, con la sua idea di un cinema che sapesse coniugare arte consenso del pubblico senza tradire gli intenti del regista, inteso come autore e non come mero professionista che dirige le riprese. Il Cinema, per Bazin, è la nuova frontiera della creatività umana in cui esperienza artistica e tecnica si fondono in piena coerenza con lo zeitgeist del XX secolo.
Truffaut, Godard, Resnais, Rohmer e gl altri rappresentanti della Nouvelle Vague fecero proprie le idee di Bazin traslandole in pellicole memorabili ed in una visione che pone l’autore al centro del processo creativo filmico.
Giancarlo Sepe ha deciso di omaggiare il critico francese, portando in scena per festeggiare i 50 anni della fondazione del Teatro La Comunità, uno spettacolo dedicato a Bazin ed a lui intitolato.
Il primo quesito che ci si pone di fronte a Bazin diretto da Sepe è il seguente: perché il regista ha scelto di celebrare i 50 anni di vita della Comunità con un’opera su uomo di Cinema?
La risposta è all’interno dello stesso spettacolo, e si cela nella similarità di visione ed intenti che il critico e il regista hanno; entrambi hanno un’idea d’Arte come Bellezza che dev’esser fruibile dalle masse, affinchè esse possano crescere intellettivamente.
Un’idea profondamente egualitaria e inclusiva- comunista nell’accezione migliore del termine- e così attraverso la messa in scena dedicata alla figura di quest’intellettuale, morto prematuramente a 40 anni, Sepe celebra se stesso e l’idea alla base del Teatro La Comunità, ovvero uno spazio popolare ed aperto a tutti dove poter lavorare sul mezzo espressivo teatrale senza compromessi.
Il regista pur essendo un mostro sacro del Teatro Italiano, appare poco interessato agli incensamenti ed alle cerimonie istituzionali che ne sanciscano la carriera ed attraverso Bazin egli s’interroga sulla potenza dei media sulla collettività.
L’opera è strutturata in segmenti, come accade spesso nelle rappresentazioni dell’autore, con un nutrito cast che s’esibisce in alternanza in lingua italiana e francese e che canta e balla, in perfomances ineccepibili e magnetiche.
Bazin è molto lineare come struttura e messa in scena, rispetto ad altre opere di Sepe, tuttavia ciò che preme al regista è omaggiare la grandezza dell’uomo attraverso il suo amore per il cinema; in un percorso dalle sfumature oniriche, Andrè Bazin/ ripercorre alcuni momenti salienti della propria esistenza personale e dei film che lo hanno forgiato, da il seminale L’arriveè du train dei Fratelli Lumiere, la pellicola con cui nasce il Cinema, a Le regole del gioco di Jean Renoir.
Come sempre, i lavori di Sepe si distinguono per l’attenzione certosina dei dettagli, la cura nella direzione degli interpreti da cui egli tira fuori il meglio ed una profonda passione per il materiale portato in scena.
Bazin si rivela per ciò che doveva esser negli intenti del suo ideatore: un vibrante atto d’amore ed omaggio ad un ideale e a una rivoluzione: per il fondatore dei Cahiers du cinema e per il fondatore del Teatro la Comunità l’accessibilità dell’Arte e della Bellezza ch’essa genera sono il termometro dello stato di salute della democrazia.
In scena presso il Teatro la Comunità fino al 12 giugno.
Roberto Cesano