Al Teatro Vittoria dal 23 ottobre al 4 novembre, torna l’acclamata commedia Ben Hur di Gianni Clementi.
Dopo oltre 400 repliche, l’affiatatissimo trio di attori- Nicola Pistoia, Paolo Triestino ed Elisabetta De Vito- diretto dallo stesso Pistoia, porta ancora in scena il sempre attuale tema dell’emarginazione sociale, l’istinto di sopravvivenza, la meschinità, l’abbrutimento dei sentimenti.
La vicenda si svolge a Roma, nel malandato salotto di una povera casa di periferia, dove vivono due fratelli amareggiati dalla vita e profondamente infelici, che tirano a campare con la paura quotidiana di non farcela.
Sergio, Nicola Pistoia, ex stuntman in attesa da anni di un risarcimento per un incidente sul lavoro, si arrangia con poco successo a fare il centurione davanti al Colosseo.
Divorziato, Sergio è uno sbruffone che ha la costante preoccupazione di non riuscire a provvedere ai figli e vive di ricordi e rimpianti.
La sorella Maria, Elisabetta De Vito, abbandonata dal marito, trascina sciattamente le sue giornate in casa tra depressione e lavori domestici.
Per guadagnare qualcosa, la donna si presta a lavorare per una chat erotica ed è in perenne contrasto col fratello fannullone.
Il precario equilibrio tra i due viene turbato dall’arrivo di Milan,Paolo Triestino, immigrato clandestino bielorusso, che ha disperatamente bisogno di lavorare ed è disposto a tutto pur di mandare i soldi a casa.
Nonostante la sua condizione, Milan conserva allegria, ottimismo e tanta voglia di fare, riaccendendo la speranza di un futuro migliore.
La scenografia ed i costumi connotano la storia, sottolineando la povertà economica e culturale dei protagonisti, resi in modo estremamente realistico dagli attori: Elisabetta De Vito dona a Maria tante sfaccettature, passando dall’apatia in ciabatte e vestaglietta alla timidezza composta, dalla civile preoccupazione alla cattiveria di uno sguardo tagliente. Sergio è lo stereotipo del romano menefreghista, scaltro e approfittatore, caciarone ma capace anche di slanci di generosità e Nicola Pistoia lo racconta con una gestualità e una mimica esilaranti.
Paolo Triestino interpreta benissimo il buffo dialetto italo-bielorusso di Milan, figura innocente e positiva, ma al tempo stesso triste e commovente.
Tante le emozioni che si vivono durante lo spettacolo: il disagio economico e l’arte di arrangiarsi, la paura dello straniero ma anche la curiosità del diverso, la diffidenza e l’accoglienza, lo sfruttamento e la rassegnazione, la fiducia ed il cinico egoismo.
Si ride di gusto, amaramente e, soprattutto, si riflette sull’attuale meccanismo sociale che porta sempre di più a queste estreme guerre tra poveri.
Laura Pazzelli