Bestie di scena @ Teatro Argentina – Roma

L’aspetto formale nella drammaturgia di Emma Dante, dai primi lavori per arrivare a quest’ultimo spettacolo, ha raggiunto un’importanza sempre più preponderante; tale cura non si risolve in un esercizio di stile, bensì mira ad arrivare al cuore pulsante della rappresentazione scenica, attraverso la forma si svela la sostanza stessa.

In Bestie di scena, quando il pubblico entra in sala, gli attori sono già sul palco, intenti a fare stretching preparatorio per poi partire in una folle corsa, già tale atto ci mostra cosa il titolo dell’opera voglia lasciare intendere. All’inizio dello spettacolo uomini e donne si spogliano di fronte alla sala, gettando i propri abiti ai piedi degli spettatori in prima fila; a seconda dei movimenti si coprono da sé le parti intime o lo fanno i loro compagni.

La vergogna iniziale per la nudità è evidente e il branco si mostra spaesato e costretto in questo spazio nero a 6 uscite, mentre un invisibile deus ex machina fa comparire dall’alto e dai lati degli oggetti di diversa natura sugli inermi interpreti, suscitando le loro differenti reazioni: una spada da scherma trasforma un uomo in uno schermidore folle, mentre una bambola parlante rende una donna  una sua versione di carne e ossa.

Per oltre un’ora, i 16 interpreti compiono azioni in scena su sollecitazioni esterne, fino alla ribellione finale quando scelgono di non compiere il volere implicito dell’indefinito demiurgo dietro le quinte.

In Bestie di scena, Emma Dante mette completamente da parte la Parola, come elemento espressivo, riducendola a grugniti ed espressioni dialettali, pronunciate a bocca socchiusa; in tal modo, effettua un processo di sottrazione, in cui l’azione scenica è esclusivamente affidata all’uso del corpo e di regressione dell’individuo, il quale, privato di ciò che lo rende civile, regredisce ad uno stadio elementare scevro di sovrastrutture socioculturali.

Durante lo spettacolo, infatti, gli attori e attrici accantonano l’imbarazzo iniziale verso la nudità propria ed altrui per aderire ad una realtà più primitiva e istintiva; una vera e propria liberazione dell’io. Ma il gruppo è intrappolato nello spazio scenico; una sorta di recinto metatestuale che li costringe in sé e li sottopone a stimolazioni continue e mortificanti per lo più, tese a cancellare un’identità sociale.

Le azioni di tale invisibile entità hanno un valore etico? Sono benigne o crudeli? Chi sono queste persone costrette sul palcoscenico? Qual’è la loro storia?

Bestie di scena non risponde a nessun quesito, non ne ha alcuna necessità come opera; è puro Teatro nella sua essenzialità scenica consegnata allo spettatore.

Tale arte è nuda e priva d’orpelli come gli attori sul palco sono privi di abiti, che abbelliscono ma al contempo proteggono dalle intemperie e c’è una suggestione pirandelliana nella beffarda relazione tra interpreti e regia occulta, nella rottura del confine tra sala e palcoscenico.

Quello della Dante è un lavoro ardito e ambizioso nella sua anticonvenzionalità, posta nel voler spogliare il Teatro stesso come istituzione e forma espressiva, supportato dalla bravura di tutti gli interpreti, la cui preparazione fisica è frutto di un impegno duro e continuativo.

Sedici attori dalle fisicità differenti consegnate al pubblico, mostrate ma mai esibite in un percorso che porta gli spettatori stessi ad accantonare un pudico moto di fastidio e vergogna verso la nudità umana; la presenza di seni e genitali d’entrambi i sessi diviene sempre meno punto d’attrazione per chi guarda lo spettacolo, evocativo e potente nella sua disarmante linearità formale.

Con Bestie di scena, Emma Dante continua il proprio cammino nella ricerca formale dell’espressività teatrale, riuscendo nell’affatto scontata scommessa di portare in scena un’opera che fa della sottrazione la sua forza e che punta esclusivamente su un’interpretazione fisica. La leggerezza e l’ironia con cui avviente tale messa in scena, la rende ancor più riuscita e mostra come la sperimentazione non debba esser costrittivamente cupa e seriosa.

Il risultato è uno spettacolo che ammalia e convince gli spettatori; una riflessione sulla natura stessa del Teatro e sull’identità umana proposta dalla regista palermitana.

Ancora un plauso alla straordinaria perfomance collettiva degli attori, affiatati tra loro e talentuosi.

Bestie di scena è scritto e diretto dalla Dante con le luci curate da Cristian Zucaro.

 In scena presso il Teatro Argentina fino al 22 ottobre, distintamente il martedì e venerdi alle 21, mercoledì e sabato alle 19, giovedì e domenica alle 17 ed eccezionalmente domenica 15 ottobre alle 21.

Roberto Cesano