Copenaghen @ Teatro Argentina – Roma

Non sempre capita di assistere a spettacoli così maturi, completi ed anche complessi, così ben rappresentati come nel caso di quest’opera.

Si esce dal teatro con un senso di pienezza, dopo aver assistito ad una storia tanto inedita ed interessante, qual’è  Copenaghen, in scena al Teatro Argentina di Roma fino al 16 dicembre.

Il testo del commediografo britannico Michael Frayn, considerato un classico del teatro contemporaneo, è reso materia viva da un trio attoriale d’eccellenza composto da Umberto Orsini, Massimo Popolizio e  Giuliana Lojodice; diretti magistralmente da Mauro Avogadro.

Un ritorno al passato, un incontro-scontro verbale tra fantasmi, la ricerca e gli sfoghi personali, i dubbi, anche filosofici, tra morale  e scienza: nel settembre del 1941 in una Copenaghen occupata dai nazisti, il fisico tedesco Werner Heisenberg ,Popolizio, capo del progetto di sviluppo atomico tedesco, visita il suo professore universitario danese nonché suo mentore, Niels Bohr ,Orsini, e sua moglie Margrethe ,Lojodice, quest’ultima di origine ebraica.

I due fisici, durante il loro incontro, ricordano le ricerche passate, i temi scientifici condivisi, gli aneddoti accademici della loro lunga collaborazione. Durante quella visita Heisenberg propone al maestro Bohr di fare una passeggiata ma, dopo poco, i due rientrano in casa. Bohr appare molto toccato da quella chiacchierata e Heisenberg annuncia la sua partenza.

Metaforicamente il tema dello spettacolo ricorda il principio fisico della indeterminazione e complementarietà di Heisenberg: in questa teoria si spiega che l’energia impiegata nel guardare una cosa cambia la natura stessa della cosa, quindi le cose hanno un valore diverso a seconda dei punti di vista.

Come  dire che non esiste una verità assoluta, ma solo la verità di chi la enuncia.

Cos’era accaduto durante quel colloquio tra i due scienziati? Perché resta così misterioso?

Ci si immagina allora un nuovo incontro tra i protagonisti, terminata la Seconda Guerra Mondiale, quando i tre sono ormai morti; il tutto si svolge in un’aula di fisica, con delle lavagne scure piene di formule scritte e pochi gradini a formare un emiciclo.

Forse Heisenberg voleva convincere il suo maestro a schierarsi tra le file dei nazisti, oppure chissà, magari voleva avvisarlo sugli studi che Hitler gli aveva commissionato per la costruzione della bomba atomica o, ancora, cercava informazioni sull’esistenza e sullo stato di un progetto  di fissione nucleare degli Alleati?

In questo colloquio emergono dubbi, debolezze, osservazioni su come la scienza possa essere messa al servizio di fini non etici, contro la morale, contro l’umanità, ne è esempio come la bomba atomica in mano ai nazisti avrebbe cambiato il corso della storia.

In questo il pubblico è affascinato ed impegnato profondamente nella comprensione di tutte le implicazioni scientifiche ma anche filosofiche.

L’interpretazione dei tre attori è esemplare; perfetta la caratterizzazione dei personaggi, dalle esitazioni e i rimorsi di Heisenberg, alle reazioni accese, autoritarie, del professor Bohr, fino ai commenti cinici della signora Bohr.

La scenografia è cupa ma elegante, la scelta di un’aula in un tempo sospeso, un’atmosfera quasi irreale, come tutto ciò cui abbiamo assistito.

Igor Pagan