Al Teatro Quirino, fino al 16 ottobre, va in scena lo spettacolo di Edoardo Sylos Labini, D’Annunzio Segreto.
Nella cornice del Vittoriale d’Annunzio, circondato dalle sue amanti, vive i suoi ultimi anni. Di giorno è ancora vitale e lucido, ma di notte diviene inquieto, in compagnia dell’ombra dell’amata e perduta Eleonora Duse.
Davanti agli occhi dello spettatore, si offre l’equilibrio precario dei rapporti fra le donne che circondano il poeta: Luisa Baccara, l’amante di un tempo ora messa da parte, che riempie la dimora con la musica del suo pianoforte; la governante francese Amélie; le prostitute che frequentano il poeta.
D’Annunzio è padrone assoluto dei loro sentimenti e si diverte a vederne l’inutile lotta per il suo favore.
Con Eleonora Duse, i cui capelli sono messi in forma non dal pettine, ma dalla tempesta nei deliranti dialoghi notturni, appare la fragilità dell’uomo asfissiato dal tedium vitae; un uomo che vaga fra i ricordi dei giorni in cui l’Arte e l’Amore lo riempivano. Tutto assume una forma onirica e iconica, in un quadro ricco di sfumature e di riflessi.
La prova attoriale degli interpreti, in primis di Edoardo Sylos Labini, è ottima: l’interprete ci offre un d’Annunzio credibile e concreto, con un corpo che si deforma letteralmente sotto le spinte della poesia e della vita stessa. Mirabile l’interpretazione originale e contemporaneamente sofferta ed estatica de La pioggia nel pineto.
Un encomio, davvero speciale, merita tutto l’assetto visivo della rappresentazione, a partire dalla scenografia e dai costumi di Marta Crisolini Malatesta, che con alcuni maestosi dettagli e linee di ampio respiro, restituiscono l’atmosfera della preziosa e decadente dimora del poeta. Le stoffe damascate, i colori pieni e vibranti del velluto rosso e dell’oro delle cornici, insieme al legno scuro di statue e mobilio evocano egregiamente il Vittoriale.
Si stagliano su questo sfondo i vestiti leggeri delle donne: in particolare Eleonora Duse, interpretata da Viola Pornaro, vestita di bianchi drappeggi e veli, ricorda un Angelo della Notte, tema caro alla statuaria funebre; la sua figura eterea che appare nell’ombra nera sembra simbolicamente chiudere il cerchio dell’abbraccio della morte, per la quale il poeta sentiva una misteriosa fascinazione e che viene più volte evocata dalle parole dell’opera.
Il disegno luci di Pietro Sperduti è magistrale, sfrutta egregiamente le risorse dei tagli e dei colori per dare corpo alla realtà della casa e alla potenza di sogni e ricordi.
La regia di Francesco Sala è impeccabile: suggestiva e fruibile al tempo stesso.
Uno spettacolo imperdibile di indiscussa qualità sotto ogni aspetto.
Giovanna Berardinelli