Il Teatro s’interroga di sovente sulla contemporaneità, sulle sue ramificazioni ed evoluzioni attraverso credenze, costumi e linguaggio.
Il Teatro intercetta lo zeitgeist del periodo- lo spirito dei tempi, inteso come sentire collettivo- e ne è, al contempo, espressione.
Darwin inconsolabile, scritto e diretto da Lucia Calamaro , incarna quest’aspetto del medium, in un tentativo di superamento dei generi per narrare l’oggi nella sua frammentarietà. Quest’ultima pare esser la parola chiave del testo della Calamaro: frammentarietà stilistico/narrativa, nella caratterizzazione dei personaggi e delle loro istanze e nei toni e tempi della messa in scena.
Una donna anziana votata all’arte perfomativa, con un passato da sessantottina e da teatro sperimentale, cerca di mettere in pratica la tanatosi, una peculiare tattica di difesa dei piccoli animali che si fingono morti per evitare le aggressioni dei predatori. La performance avviene a spese dei 3 figli, vessati costamente dalle bizze della donna: Riccardo, insegnante elementare, disilluso ed egocentrico; Simona, l’unica con una propria famiglia, disinnamorata della vita e sempre preoccupata per i suoi parenti; Gioia, aspirante artista come la madre, nevrotica ed autoreferenziale, invaghita di teorie strambe su transumanesimo e sesso interspecie.
In principio pare che l’esperimento serva alla donna per evitare d’essere fagocitata dai bisogni e le personalità della sua, ormai, adulta prole, tuttavia lo scopo si rivela esser un bisogno d’attenzioni da parte di quelli stessi figli, che conducono una vita separata da lei. Una sorta di tentativo perpetuo d’instaurare una connessione tra i membri del nucleo familiare, separati seppur vicini; estranei pur avendo un legame di sangue. E sullo sfondo, un fantomatico manoscritto inedito di Charles Darwin, celebre autore de L’origine della specie e padre putativo delle teorie sull’evoluzione della vita sulla Terra.
La regista costruisce uno spettacolo in segmenti narrativi, attraverso battute memorabili e quattro personaggi archetipici e stereotipati volutamente.
Si diverte e diverte il pubblico nel portare in scena le loro surreali idiosincrasie e le interazioni tra di loro, con ironia e leggerezza, ma poi compie scelte drammaturgiche spiazzanti, virando verso altre atmosfere e toni.
L’improvviso mutamento, annunciato da alcuni monologhi di uno dei protagonisti, diventa paradossalmente il punto debole dell’opera: gli intenti della Calamaro sono chiari ma la resa appare poco convincente, per quanto emozionante e di rimando al tema della connessione, parli di separazione.
Darwin inconsolabile è molto piacevole, illuminato da buoni dialoghi ed una resa attoriale apprezzabile: Maria Grazia Sughi interpreta con spassoso brio l’originale madre alle prese con l’arte come vita ed affetti familiari; le sue apparizioni in scena sono sempre ben calibrate tra humour e malinconia. I tre figli- Riccardo Goretti, Gioia Salvatori, Simona Senzacqua- sono completamente in parte e conquistano gli spettatori.
Permane il dubbio che la volontà di raccontare il presente, attraverso una serie di allegorie, abbia ceduto alla tentazione della cesura esistenzialista, con un finale in cui sia doveroso affrontare uno dei temi più importanti – che non sveliamo per invogliarvi a vedere lo spettacolo- cari all’umanita.
Sarebbe stata una comfort zone mantenere la leggerezza, che contraddistingue la piece per la maggior parte della sua durata, o lo e’ aver scelto un finale volutamente sorprendente e spiazzante?
La risposta, potrà averla chi deciderà di andare a vedere Darwin inconsolabile in scena sino al 23 gennaio presso il Teatro India.
Roberto Cesano