Dignità autonome di prostituzione @ Teatro Ambra Jovinelli – Roma

La prostituzione è l’atto di vendere a terzi il proprio corpo, e, secondo l’antico adagio, è il mestiere più antico del mondo.

La meretrice reca, dietro compenso, piacere al cliente attraverso il sesso; l’attore usa la propria fisicità come strumento di lavoro e d’espressione, dando, dietro compenso, piacere allo spettatore. Perciò in entrambi i casi c’è una mercificazione del sè che sia una prestazione sessuale o un’interpretazione recitativa.

L’idea di base di Dignità autonome di prostituzione parte da tale assunto: ideare uno spettacolo dove il teatro è un bordello e gli attori prostitute professioniste, che si esibiscono per gli spettatori dietro pagamento; una trovata semplice ed al contempo geniale di Luciano Melchionna e Betta Cianchini, che è stata realizzata per la prima volta nel 2008 e vanta centinaia di repliche.

In tempi di riproduzione seriale dell’arte, lo spettatore è catapultato sin dal botteghino in un universo caleidoscopico, tra saltimbanchi, maitresses e attori/prostitute pronti ad adescarlo ed a recitare, se pagati, ci si muove attraverso i meandri dei teatri e per tutta la durata dello spettacolo si è costretti ad interagire verbalmente e fisicamente con gli interpreti.

Il Teatro come rito orgiastico dionisiaco, in cui i freni inibitori sono abbattuti e dove il confine tra realtà ed illusione, tra commedia e tragedia, è labile, sottilissimo.

Dignità autonome di prostituzione è un inno all’arte e alla bellezza dell’esperienza attoriale, una forma di prostituzione sacra e antica quanto quella sessuale. Appunto per questo Luciano Melchionna esalta la fisicità dei suoi attori: corpi resi grotteschi come l’avventore Cerbero, identità sessuali ambigue, corpi nodosi  e flessuosi che paiono  disegnati da Pazienza – Massimiliano Nicosia/Jane-, forme femminili prorompenti che ricordano le maggiorate anni ’80 di Drive In, corpi giovani e corpi maturi, avvolti in vestaglie e guepieres.

Tutta questa fisicità è data in pasto agli spettatori, offerta in maniera sfacciata e sensuale in un’atmosfera onirica che avvolge e conquista, a volte stordendo, chi assiste, quasi si fosse di fronte ad un’esplosione pirotecnica.

Dietro ogni porta, corridoio, scala antincendio vi è una storia, un personaggio ed un interprete che attendono d’esser consumati; decine di attori le cui perfomances non possono essere viste in un’unica occasione.

Come i clienti dei vecchi bordelli, si è fideilizzati, desiderosi di tornare per poter assistere ad altre interpretazioni o rivederne alcune; come nelle case chiuse si è accolti ed accompagnati all’uscita dagli interpreti, dopo un’esperienza galvanizzante a livello sensoriale, tra musiche, parole e balli. Poiché il Teatro è riproduzione e Dignità, è, per sua stessa natura, un’esperienza che invita ad essere vissuta più volte.

Luciano Melchionna, presente in sala nel ruolo del pappone, ha giocato con l’essenza stessa del teatro creando un ambiente dal sapore retrò, tra look da postribolo anni’30, omaggi circensi e felliniani e la cultura pop del’900. Il suo lavoro è straordinariamente supportato da un folto cast di bravi e duttili attori, impegnati in testi scritti dallo stesso Melchionna ed in monologhi tratti da Pirandello, Sghina e molti altri autori.

Vi è poco da aggiungere in quest’articolo, poiché chi assiste ha diritto ad una totale sorpresa, che sarà peraltro graditissima.

In scena presso il Teatro Ambra Jovinelli, ambiente azzeccatissimo per tale opera, sino al 4 novembre.

 

Roberto Cesano