Edipo Re – Edipo a Colono @ Teatro Eliseo – Roma

Edipo Re – Edipo a Colono @ Teatro Eliseo - Roma

 Edipo Re – Edipo a Colono @ Teatro Eliseo - RomaIn scena fino al 12 febbraio presso il Teatro Eliseo, vi è Edipo, una produzione della Compagnia Mauri Sturni e della Fondazione Teatro della Toscana che presenta le opere Edipo re ed Edipo a Colono di Sofocle con la regia, rispettivamente, di Andrea Baracco e Glauco Mari, quest’ultimo figura di spicco del Teatro in Italia.

La vicenda di Edipo, sovrano della città stato greca Tebe, è nota ai più: figlio dei regnanti Laio e Jocasta, fu allontanato in fasce da Tebe a causa di una profezia che lo vedeva come uccisore del padre e sposo della stessa madre. Adottato dai signori di un’altra città e ignaro delle sue vere origini, mentre i genitori naturali lo credevano morto, Edipo si allontanò dalla propria reggia per la stessa profezia e durante una serie di avventure uccise il padre naturale Laio, risolse l’enigma della Sfinge, una mostruosa creatura che teneva Tebe in scacco, divenendo l’eroe della città e sposando Jocasta, da cui ebbe dei figli, compiendo dunque il fato predettogli da neonato.
L’uomo governò con giustizia e consenso su Tebe per decenni, fino a quando una pestilenza si abbattè sul suo regno ed egli mandò il cognato Creonte a interrogare Apollo tramite l’Oracolo di Delfi-il più celebre tra gli oracoli greci e luogo di culto del dio-. Il vaticinio, riportato dal fido Creonte, dichiarava che la pestilenza sarebbe cessata solo con la scoperta e la punizione dell’assassino del precedente re Laio, la cui morte era rimasta avvolta nel mistero per i tebani.
Edipo, ignaro d’esser egli stesso l’omicida, s’impegna a ricercare e perseguire il colpevole maledicendolo, e a tal fine convoca l’indovino cieco Tiresia, il quale con reticenza gli rivela la verità; inizialmente Edipo rifiuta tale epifania, ma una serie di scoperte e testimoni confermeranno a lui e a Jocasta la sua reale natura e le sue azioni. La regina, moglie e madre del proprio sposo, si toglie la vita per l’incapacità d’accettare tali eventi; Edipo incestuoso e parricida si acceca per autopunirsi e per sottolineare le beffe del Fato- Moira in greco classico, la divinità cui perfino Zeus sottostava- essendo stato cieco per tutta la propria esistenza riguardo le sue origini prima e le sue azioni poi. Alla fine dell’Edipo re, lo sventurato monarca abdica al trono e si fa esiliare come un mendicante da Tebe.

Nell’Edipo a Colono, scritto da Sofocle molti anni dopo, il protagonista è ormai un vecchio mendicante accompagnato nel suo vagare dalla giovane figlia Antigone e giunto ormai al termine della sua esistenza; in tali condizioni arriva a Colono, alle porte di Atene, dov’è sorto un luogo sacro alle Eumenidi- le Erinni, le divinità dell’Ade preposte a perseguitare coloro che si sono macchiati di crimini contro la propria famiglia, come lo stesso Edipo- e grazie all’intercessione di Teseo, sovrano di Atene e celebre eroe del Mito Greco, egli è accolto in tal luogo come ospite della città.
Tuttavia nel corso della tragedia, Edipo riceverà la visita dello zio/cognato Creonte, divenuto il reggente di Tebe e indurito dalle responsabilità di tale ruolo, che gli ordina di tornare a vivere nei pressi del luogo natio come richiede un oracolo per poter placare la lotta tra gli eredi al trono di Tebe; e in un secondo momento, del maggiore dei suoi due figli maschi Polinice che, scacciato a sua volta da Tebe dal fratello minore, sta organizzando un esercito per riconquistare il trono sottrattogli e si è recato a Colono per chiedere l’approvazione paterna a tale mossa.
Edipo rifiuta sia di tornare a Tebe con Creonte chè di benedire suo figlio, accusando i propri familiari e la stessa Tebe di averlo abbandonato al proprio destino e affermando d’esser stato vittima del Fato. Egli dichiara, infatti, che non ebbe alcuna colpa, poiché inconsapevole dell’identità di Laio quando lo uccise e del legame con la madre quando la sposò e maledice tutti coloro che non lo hanno fermato nell’atto dell’esilio e dell’autoaccecamento.
Al termine dell’opera sofoclea, Edipo muore nella grazia degli dei e finalmente in pace dopo un’esistenza di sventure.

La Compagnia Mauri Sturno porta in scena entrambe le tragedie affidando la regia a due persone differenti volutamente: il giovane regista Andrea Baracco dirige un Edipo re dal taglio più sperimentale nella scenografia e nella composizione della scena e dei costumi, con Roberto Sturno nei panni di Edipo.
Sullo sfondo di una struttura metallica e ai piedi una latrina, simbolo della caduta dei personaggi, ha luogo la scoperta delle vere origini del protagonista e le nefaste conseguenze di ciò.
In scena si confrontano con lo sventurato re Elena Arvigo, nei panni dell’infelice Jocasta, con Ivan Alovisio che recita una sorta di corifeo, speculare voce della ragione di Edipo e con lo stesso Glauco Mauri nelle vesti di Tiresia.
Baracco presenta uno spettacolo cupo e inquietante, una sorta di noir postmoderno, in cui ogni elemento restituisce il perenne stato di tensione di quella che è una vera propria indagine esistenziale, musiche e luci comprese.

Edipo a Colono diretto da Glauco Mari ha invece un taglio classico e molto sobrio: la scena è composta in maniera più tradizionale, costumi compresi, e vira verso colori più neutri e rassicuranti.
Opera della maturità dell’autore e del personaggio, mostra alcune discrepanze rispetto alla precedente nel testo originale-Edipo si allontana di sua volonta alla fine della prima, mentre nella seconda tragedia afferma di esser stato scacciato dagli stessi figli- affronta le conseguenze della tragedia che ha colpito il protagonista ed è una speculazione poetica sulla decadenza della vecchiaia, ma anche sulla consapevolezza ch’essa reca in sé riguardo la natura stessa dell’Uomo.
Una sorta di canto del cigno del tragico greco che Mauri ha scelto volutamente per sé e che ha portato in scena con eleganza rappresentativa, tenendo per sé il ruolo dell’anziano protagonista interpretandolo magnificamente.
Nell’Edipo re si cela la riflessione di Sofocle sull’ineluttabilità del Fato contro cui nulla può l’essere umano, innocente o colpevole che sia, mentre nell’Edipo a Colono la cecità dell’uomo perde il manto della insensata colpa per divenire parte di un processo formativo che conduce alla conoscenza di sé.

La scelta dei differenti registri nei due spettacoli garantisce una rinnovata attenzione da parte dello spettatore e risulta una scelta stilistica riuscita, ma paradossalmente l’approccio più canonico di Glauco Mauri è maggiormente riuscito e convincente sotto ogni aspetto, dalla regia alle perfomances attoriali- gli stessi interpreti hanno differenti ruoli nelle due tragedie-.

Il primo spettacolo presenta delle debolezze strutturali e delle lungaggini che il secondo non possiede, malgrado la convincente prova di Sturno nei panni di Edipo, però rinnoviamo la stima per la scelta di diversificare le opere.

L’Edipo a Colono si avvale, inoltre, della sapiente regia e della bravura recitativa di Glauco Mauri, una colonna portante della tradizione teatrale, con garanzia comprovata di qualità e da vedere per poter godere del talento dell’artista.

Un plauso a Marta Crisolini Malatesta per i costumi e le scene, che dimostra una grande professionalità nella diversificazione delle scengrafie e abiti, ed alle musiche lynchiane del primo spettacolo di Giacomo Vezzani e a quelle più catartiche di Germano Mazzocchetti per il secondo.

Roberto Cesano