Erodiade @ Teatro Vascello – Roma

Il 25 e 26 marzo il Teatro Vascello ha presentato Erodiade di Giovanni Testori, per la regia e drammaturgia di Marco Carniti con Francesca Benedetti protagonista assoluta.

Le due repliche sono state una sorta di festeggiamento per la straordinaria attrice, che a 89 anni cesserà la propria carriera dando l’addio alle scene proprio con l’opera del suo amato Testori, il quale scrisse per lei il personaggio di Ledi per uno dei suoi testi più noti, ovvero il Macbetto.

Un’occasione emozionante per poter godere della sua magnifica bravura in uno spettacolo dalla qualità eccelsa: l’interprete è sola in scena, fasciata da una veste rossa come il sangue e la passione- temi che ricorrono nel dramma di Testori- e seduta su una sorta di trono dal quale Erodiade narra al pubblico, in un lungo monologo di circa un’ora, la sua versione della decapitazione di Giovanni Battista.

La donna infatti, amante del tetrarca Erode e madre della bellissima Salomè, è in qualche modo colei che ha determinato l’esecuzione del santo cristiano dopo la danza fatale della figlia, istigata proprio da lei a sedurre il tetrarca e a reclamare la testa di Giovanni Battista.

Durante lo spettacolo, la nobile e temuta cortigiana ripercorre le tappe della vicenda rivolgendosi direttamente alla testa mozzata del martire, dichiarandogli il suo amore impossibile e letale. Erodiade e Giovanni Battista sono agli antipodi: la prima è avvezza al lusso e al piacere carnale, mentre il secondo rigetta il vizio e le lusinghe della carne predicando il verbo di Gesù Cristo.

Ella è, al contempo, atterrita ed attratta dalla figura di Giovanni, così rozzo e virile ai suoi occhi poiché rifiuta la sua seduzione divenendo l’oggetto, irrangiungibile e pertanto bramato, del suo desiderio.

Abituata ad ottenere tutto, Erodiade si crogiola nell’annunciata sconfitta del suo sentimento trascinando con sé tutti coloro che la circondano, Salomè compresa, in un atto di sfida al Dio Cristiano, cui Battista è devoto.

Il suo amore stesso è una rivolta e una bestemmia verso quel dio per cui è un’immonda peccatrice; la causa del suo esilio, oltre che della terribile fine dell’uomo amato, poiché gettando Salomè tra le braccia di Erode sancisce la fine della sua influenza su di lui e il suo dominio a corte.

Ma, anche caduta in disgrazia non cessa di volere l’amore di Giovanni Battista, la cui testa mozzata non è un trofeo bensì l’incarnazione in decomposizione di un sentimento totalizzante, cui neppure la morte può porre fine.

Francesca Benedetti è, letteralmente, la scena e lo spettacolo stessi: sussura, impreca verso il cielo, vaneggia resa folle da un tormento amoroso invincibile, simile all’incendio che divora senza pietà intere foreste; per 60 minuti buoni è Erodiade, immersa nel sangue e in un orrore indicibile, e la parabola del personaggio di Testori diviene la sua, che visse per il Teatro e che per le leggi del Tempo e della mortalità umana cede il passo in un ideale passaggio di consegne ad una nuova leva di attrici, proprio come la cortigiana passa il proprio ruolo alla figlia, abbandonando il palazzo di cui è stata sovrana assoluta.

Il corpo di Erodiade e quello, affilato come una lama dalle lunghe braccia e mani, di Francesca Benedetti sono al centro della drammaturgia di Carniti, in una rappresentazione visivamente suggestiva e suadente nella sua decadenteca, gotica, bellezza.

Corpo e Voce dell’attrice/attore come quelli della protagonista e di Giovanni Battista, la cui voce è il primo ricordo e massima impressione per Erodiade, che nell’ascoltarla s’innamora fatalmente di lui; corpo e voce come quello di Benedetti, nuda sotto la veste rossa che scopre la sua schiena da diva, e la testa del Battista che appare sullo schermo, dietro all’attrice ed il suo trono, nelle illustrazioni dello stesso Testori.

Disegni che ricordano le immagini di Roscharc, restuitendoci l’iconicità della testa tagliata del celebre santo attraverso un’inquietante stilizzazione d’essa.

La presenza scenica di Francesca Benedetti è esaltata dalle luci fluo di Francesco Scandale con tonalita che virano dal rosso al viola fino ad un verde acido, per metter in evidenza la natura terribile ed ambigua del personaggio.

Al termine dell’opera l’attrice, che la sera precedente era andata stoicamente in scena nonostante la febbre, sorretta dal regista ha salutato il pubblico con un discorso commovente e lucido sull’importanza del Teatro, il grande amore della sua vita assieme al pubblico, invitando i giovani ad avvicinarsi ad esso perchè esso non è Rappresentazione ma Vita e dev’esser apprezzato dalle nuove generazioni.

Un commiato, eccelso come la sua carriera, col sorriso sulle labbra per la consapevolezza dell’unicità della sua vita, in cui privato e palcoscenico sono state inesorabilmente intrecciate.

Roberto Cesano