Falstaff e le allegre comari di Windsor @ Teatro Vittoria – Roma

In scena presso il Teatro Vittoria, sino al 23 aprile,  Falstaff e le allegre comari di Windsor per la regia di Carlo Emilio Lerici.

Lo spettacolo è tratto dall’adattamento di Roberto Lerici del testo shakespiriano Le allegre comari di Windsor, portato in teatro per la prima volta nel 1988, con ambientazione negli anni ’20 del Novecento: un folto gruppo di personaggi ruota intorno alla Locanda della giarrettiera, gestita dalla frizzante Madama Quickly e nella quale soggiorna Falstaff, ex soldato di ventura caduto in disgrazia e dedito al crimine ed all’alcool.

L’uomo, ormai in miseria, decide di corteggiare simultaneamente Comare Ford e Comare Page, mogli di due facoltosi uomini del luogo, per attingere ai loro ingenti averi ed invia alle due amiche delle missive identiche, per confessare il suo fittizio interesse amoroso.

Tuttavia, le comari, per nulla irretite da tale corteggiamento epistolare, si confrontano tra loro e decidono di vendicarsi del comportamento irrispettoso del truffatore dandogli appuntamento a casa della comare Ford, che si fingerà attratta da Falstaff e decisa a concedersi sessualmente.

Parallelamente Anna Page, la figlia della comare e di Mastro Page, ha appena ereditato una cospicua dote dal defunto nonno ed è oggetto delle attenzioni dell’imbranato Abramo Carente, del folle dottor Caius e di Fenton, l’uomo che vorrebbe sposare contro il parere del padre.

La trama della commedia del Bardo di Northampton si snoda attraverso le due vicende, tra ripicche, gelosie, divertenti travestimenti e la burla ai danni di Falstaff ordita dalle tre comari fino allo splendido e catartico finale.

La versione di Lerici è frizzante ed alquanto swing come i ruggenti Anni ’20 in cui è trasposta; i personaggi femminili sono molto più scaltri e disincantati rispetto ai propri mariti/padri/corteggiatori e spiccano per brio ed ottime interpretazioni, con un rimando all’emancipazione femminile del secondo decennio del XX secolo e alle commedie della Golden Hollywood dell’epoca.

Il Falstaff di Edoardo Siravo si distingue per la sua, involontaria, carica comica; un uomo sul viale del tramonto dominato da un vitalizio istinto di sopravvivenza ed una propensione indomabile al piacere, che deve però far i conti con il tempo che passa e con il fallimento.

Le battute ed i monologhi, scritti da Shakespeare per il protagonista, consentono a Siravo di brillare egregiamente e d’esprimere il suo talento appieno.

Al di là della conclamata bravura di Siravo, un plauso va a tutto il cast che spicca uniformemente per la buona prova della prima: tempi comici ben oliati, ironia e buone interpretazioni caratterizzano tutti gli attori in scena, grazie anche alla salda regia di Carlo Emili Lerici, le guizzanti musiche di Francesco Verdinelli ele scene curate da Giacomo Celentano.

Una menzione speciale per le tre allegre comari del titolo, Francesca Bianco, una scatenata ed istrionica Madame Quicly che omaggia con il suo look la moda delle Maschiette degli anni ’20 decantate da Francisc Scott Fitgerald, la vezzosa Gabriella Casali, Comare Ford, e maliziosa cospiratrice Susy Sergiacomo, Comare Page.

Roberto Cesano