Fedra @ Teatro Quirino – Roma

Fedra, moglie di Teseo, re di Atene e celebre eroe dell’età dell’Oro della Grecia del Mito, s’innamorò follemente del figliastro Ippolito, nato dall’amazzone Antiope.

Il bel principe, oltre ad esser legato a lei dal vincolo parentale, è votato alla castità come Diana, divinità vergine per eccellenza assieme a Minerva, e rifiutò sdegnosamente le profferte amorose della matrigna, che per evitare la furia di Teseo accusò il giovane d’averla stuprata.

Il sovrano ateniese, accecato dall’ira, supplico’ Nettuno di trucidare il figlio in maniera atroce e di fronte al bel corpo martoriato Fedra si tolse la vita, confessando al coniuge la verità.

Teseo, affranto, ordinò di seppellire degnamente Ippolito e nego’ la stessa sorte al cadavere della donna.

La Fedra di Seneca risente della differente percezione ed approccio alla morale tra latini e greci, recando in se’ la ferrea visione morale del pensatore romano: in uno dei passaggi cruciali della tragedia, Fedra si scaglia contro Venere, rea d’aver maledetto la sua stirpe con amori mostruosi e pulsioni emotive perverse.

Poco dopo, sarà la sua anziana nutrice, complice nell’accusa di stupro al principe , a prender atto in un lungo monologo della lascivia dei ricchi e dei potenti, la cui fame si piacere si traduce in desideri sempre più esotici e perversi, mentre i poveri vivono una dimensione emotiva morigerata ed equilibrata.

Mentre in un altro momento cruciale, spinto dalla stessa nutrice, Ippolito si lancerà in un’accorata apologia delle virtù d’un esistenza casta ed in contatto con la natura, accusando le donne d’esser costante fonte di malvagità e caos.

Il conflitto stesso tra l’insana, infuocata, passione di Fedra e il fermo proposito di mantenere i propri voti del ragazzo è alla base dell’opera.

Laddove, nella concezione dei tragici greci la precarietà esistenziale dell’esistenza umana diviene il motore stesso delle opere messe in scena, il testo di Seneca presenta invece certezze granitiche su virtù e peccato ed un ordine etico, alieno alla percezione greca. E Seneca, al contrario di Euripide cantore della complessità psicologica femminile, si mostra – ovviamente, contestualizzando tale riflessione al tempo dello scrittore e alla visione dell’epoca- fortemente critico verso il genere femminile; non a caso, Fedra verrà seppellita come un animale, poiché ritenuta indegna d’un vero rito funebre da Teseo, che si mostrava più ferito dall’’offesa recata alla sua figura dal figlio che dallo stupro subito dalla moglie.

L’adattamento della tragedia diretto da  Elena Sofia Ricci, nella traduzione dal latino di Alfonso Traina, si fregia di scelte stilistiche molto interessanti: visto l’approccio morale di Seneca al mito di Fedra, il palco trasfigurato in una discarica diviene una chiara metafora del disfacimento della realtà; d’una degradazione emotiva che insozza come il desiderio quasi incestuoso di Fedra le deturpa l’anima.

Ecco quindi personaggi vestiti di stracci come a brandelli sono le loro esistenze, prive appunto d’una bussola morale.

Tuttavia, la talentosa attrice prestata alla regia non riesce a restituire al testo una messa in scena dinamica e completamente moderna, anche a causa dell’eccessiva enfasi recitativa del coro, composto da giovani attori.

In un testo così denso e solenne, nella sua feroce condanna alla mollezza dei costumi delle classi agiate- tema che la Ricci sottolinea molto bene- la statica ridondanza d’interpretazioni da teatro di posa non rendono e sono quasi barocche.

Assolutamente misurata e riuscita, al contrario, la performance di Francesca Mazza- la nutrice- la cui bravura regala alla sala alcuni tra i momenti più intensi dello spettacolo; così come impressionante e magnetica è la presenza scenica di Valentina Banci, bellissima ed implacabile con la sua chioma rossa come il fuoco che l’attrice trasforma, sotto la direzione della Ricci, in un elemento scenico vivo.

La riduzione di Fedra in scena al Quirino, nonostante alcune imperfezioni, ha un fascino suo, prova dell’impegno profuso dalla Ricci nel confrontarsi con un’opera complessa e molto potente.

In scena presso il Teatro Quirino sino al 9 ottobre.

Roberto Cesano