Al teatro della Cometa va in scena Grisù, Giuseppe e Maria scritto da Gianni Clementi e diretto da Nicola Pistoia.
Pozzuoli: anni 50. Il sacerdote Don Ciro e il suo scapestrato e menomato sagrestano Vincenzo si ritrovano in un vorticoso giro di confessioni di relazioni extraconiugali: Donna Rosa, una donna innamorata, rimane incinta del marito che al momento lavora nelle miniere di Marcinelle in Belgio, e sua sorella minore Donna Filomena, creduta “senza macchia”, invece è scoperta essere molto “emancipata e disinibita” ma con grandi rimorsi di coscienza, specialmente ora che è incinta dello stesso marito della sorella. Il sacerdote si ritrova a dover risolvere le difficoltà per evitare che le notizie circolino e destino sospetti nel paese, purtroppo deve assolvere questo compito da solo perché è impossibile contare sull’ausilio del suo sagrestano, che sembra aver seri problemi di apprendimento. Per prima cosa si cerca di far ricadere la colpa sul fascinoso farmacista Don Eduardo, con la falsa accusa di aver ingravidato Donna Filomena dopo un rapporto promiscuo, e quindi obbligato a mantenere il nascituro. A parto concluso, ci si rende conto che il bimbo è di carnagione nera e il piano fallisce. Alla sorella maggiore non resta che prendersi cura di entrambi i due neonati e la vox populi rimane incredula dell’avvenuto “miracolo genetico”.
Siamo in un’Italia in cerca di un’identità nazionale, con una storia di un piccolo paese in cui spadroneggiano pettegolezzi, indiscrezioni, difesa dell’onore anche a costo di mentire per non fare brutte figure; il ruolo centrale è quello della chiesa parrocchiale, organo di riferimento per tutti i paesani sia per le faccende private che per quelle culturali, l’unico baluardo “morale” in un periodo di grossi problemi etico-economici. La narrazione è strutturata come un enorme flashback: all’inizio un monologo di Donna Rosa, che si confessa a Dio, raccontandoci in due atti tutte le sventure avvenute in giovinezza. Finita la breve apertura, si spalanca il sipario che nasconde una sagrestia semplice ma ben allestita, crocefissi, arazzi e quadri di classica iconografia cristiana e sullo sfondo il mobile in cui vengono conservate le ostie con tutti i principali paramenti (a cura di Francesco Montanaro); in primo piano subito gli attori, con abiti della vita quotidiana di una realtà povera di Napoli anni 50, semplici ma efficaci, in antitesi con le vesti “sacre” del sacerdote (a cura di Isabella Rizza). Lo svolgimento della trama è strettamente legato a un buon uso delle luci (Marco Laudando), che non solo sono di contorno per i cambi di scena, ma intensificano i brevi monologhi e scandiscono l’avanzamento temporale nel flashback e l’alternarsi giorno/notte, con accenno di sporadiche musiche caratteristiche di accompagno nelle scene mute. Se la ricostruzione tecnica, scenica e temporale è efficiente ed evocativa di un’Italia sparita e in cerca di un’identità nella miseria, la parte recitativa lascia perplessi e a volte sembra avere delle lacune. Franca Abategiovanni, nella parte di Donna Rosa, è regina incontrastata della scena, ottima performance, buona la mimica e sicura l’esposizione, come brava anche S. Caruso nei panni di Donna Filomena, in grado di ricostruire perfettamente il periodo storico e le vicende, divise tra momenti d’ilarità e drammatici. Paolo Triestino e Nicola Pistoia purtroppo tardano a decollare, rimanendo spesso in un involucro stereotipale associato a una dizione napoletana dubbia, incrociata con cadenze dialettali romanesche, che nel complesso vanno a far perdere credibilità al contesto evocativo creato dalla scenografia e la recitazione del gentil sesso. Se da un lato si assiste alla rivincita dell’universo tutto in rosa, dall’altro la regia è ben diretta e la commedia risulta scorrevole.
Le tantissime repliche dello spettacolo in tutta Italia vanno a segnare la modernità di quest’opera, che da un lato diverte, dall’altro lascia l’amaro in bocca, poiché sono realtà non lontane da quelle storiche: “scherzando scherzando Pulcinella diceva la verità”.
Fino al 16 aprile.
Marco Lelli