Il Teatro Quirino di Roma, dal 26 aprile all’8 maggio, presenta l’adattamento teatrale di uno degli scritti più importanti di Leonardo Sciascia, Il Consiglio d’Egitto.
Il testo dello scrittore siciliano narra di una remota Sicilia del XVIII secolo, dove verità e menzogna si fondono in un intreccio indissolubile e che fu una terra, all’epoca, tanto lontana dal reame di Napoli quanto dagli ideali giacobini, dove i nobili facevano valere sempre i propri diritti su tutto e tutti ed il benessere materiale era spartito tra pochi fortunati ed avidi individui.
Protagonista della trama è il prete di campagna Vella, dell’ordine dei Cavalieri di Malta, magistralmente interpretato da Enrico Guarneri, uno degli attori più conosciuto del teatro siciliano che in questo spettacolo si cala completamente nel personaggio, esprimendone le sfaccettature sia comiche che drammatiche ed anche nella mentalità sicula della fine del ‘700; una mentalità talmente arroccata sui propri privilegi da riuscire a far parteggiare il pubblico per quella che sarà la Grande Impostura di don Vella, il quale, tramite l’ingegnoso falso del Consiglio d’Egitto ovvero un codice da lui stesso creato, tolse potere e terre dalle mani dei nobili per donarlo al popolo affamato e sfruttato dai ricchi oltre ogni limite.
La vita è davvero un sogno: l’uomo vuole averne coscienza e non fa che inventare cabale; ogni tempo la sua cabala, ogni uomo la sua,ripete spesso il parroco costretto a ricorrere ad un inganno per poter difendere i diritti dei più deboli, contravvenendo i valori del proprio ruolo ecclesiastico per una causa più che giusta.
Ad appoggiare ed aiutare l’eroico prete nella sua impresa c’è l’avvocato Di Blasi, interpretato da Rosario Minardi, giacobino convinto che morirà per difenderei suoi ideali, riscuotendo l’ammirazione del prete e che termina la sua vita con una frase pronunciata dallo stesso Vella molti anni prima: “ è più facile diventare santi che cambiare le cose di questo mondo, nel senso che quando si è giovani si cerca di cambiare gli uomini, ma senza successo, e ci si ritrova a combattere contro i mulini a vento”.
Strepitoso il cambio di scena che avviene più volte con un gioco di prospettiva sul palco, senza che lo spettatore se ne accorga, o quasi mentre sono molto accattivanti le musiche, che amplificano il pathos della messa in scena.
Un’opera, senza dubbio, ben strutturata con l’eccellente regia di Guglielmo Ferro, decano di questo tipo d’adattamenti teatrali e sempre pronto a confermare la propria bravura.
Un’ultima nota va ad i costumi di Riccardo Cappello, perfetti e ben curati nei dettagli che rapppresentano il lavoro degno di un grande costumista, teso a rendere fedelmente il periodo storico rappresentato sul palcoscenico.
Christian Vannozzi