L’elegia dell’estate è per l’infanzia sublime e nel ricordo, da adulti, assume una dimensione onirica che la rende magica e, talvolta dolorosamente, irripetibile.
Non è il caso del reading Il giorno in cui mio padre m’insegnò ad andare in bicicletta, tratto da un racconto di Sandro Bonvissuto: Valerio Aprea recita le parole dell’autore, colme della grazie dell’estate da bambini, ma anche d’una lieve ironia nel ricordare uno dei momenti salienti di tale età, ovvero l’imparare ad andare in bici.
Il protagonista ha cinque in un momento storico nel quale le famiglie villegiavano assieme ed i pargoli potevano scorazzare liberamente, lontano da adulti non ancora intimoriti dalle brutture degli attuali potenziali pericoli, che incombono anche sui bambini; i suoi amichetti hanno iniziato ad andar in bici e si sente escluso poiché ancora non ne è capace e pertanto si rivolge ai suoi genitori affinchè glielo insegnino.
E sarà il padre, apparentemente distante, a farlo stabilendo con lui un momento di profonda connessione, che il protagonista ricorderà per sempre.
C’è molta ironia, affermavamo sopra, nel testo di Bonvissuto: personaggi e situazioni sono tratteggiati con magistrale leggerezza, dalla bambina onnipresente durante le figuracce del protagonista alla madre, così austera da anteporre l’igiene del figlio a qualsiasi altra istanza, fino al padre che vivrà con lui uno dei riti più importanti, quello della bici.
Valerio Aprea con il suo volto scarno e la sua innata comicità ci trasporta nel racconto di Bonvissuto, impreziosendolo con il suo talento di fronte ad una sala gremita.
La beltà del connubio tra estate ed infanzia si svuota della melanconia e diviene celebrazione di una fase dell’esistenza priva d’orpelli, grazie al testo ed all’interpretazione di Aprea.
In scena presso il Teatro India fino al 27 ottobre.
Roberto Cesano