Fino al 9 marzo, al teatro Eliseo, Umberto Orsini riprende i panni di Leone Gala nel pirandelliano Il giuoco delle parti, questa volta per la regia di Roberto Valerio. Nel 1996 accanto a lui c’era Rossella Falk e la regia era di Gabriele Lavia.
In questa nuova versione, il sipario si apre su un ospedale, forse psichiatrico, e su un Leone Gala seduto su una sedia a rotelle, di lato sulla destra, fermo ad osservare le ombre che gli si muovono davanti. Le ombre della moglie Silia e del suo amante Guido Venanzi, che battibeccano, si punzecchiano e ridono in un gioco sensuale, in cui lei è padrona indiscussa. La scena si apre, si sposta: l’ospedale diventa un salotto in cui lui, Leone, entra come consuetudine per la visita quotidiana di mezz’ora, quella stabilita nei patti di quella strana separazione, in cui tutti sono liberi ma in realtà nessuno lo è fino in fondo. I muri intorno a loro sono sottili, ognuno sente, o meglio origlia, i discorsi dell’altro, con il ticchettio incessante di un orologio a fare da sottofondo.
La scena si sposta di nuovo ed ecco arrivare Socrate, maggiordomo nel testo di Pirandello, infermiere nella versione proposta al teatro Eliseo, costretto ad ascoltare le elucubrazioni del suo paziente su Bergson, su quel duello, sul suo poco ortodosso rapporto coniugale. Il pasto è servito ed eccoci di nuovo a quella sera, quando la sfida è stata lanciata, come l’uovo dalla finestra, quando apparentemente l’onore di Silia è stato intaccato da quattro rozzi ubriachi, che l’hanno scambiata per la prostituta che le viveva accanto. Il duello è una questione di onore, quindi, cui deve partecipare soltanto l’uomo che non è stato in grado di accettare la parte offertagli, quella cioè di difendere la sua amata.
Una messa in scena che coraggiosamente stravolge la commedia pirandelliana, trasformando la vicenda del più famoso triangolo dello scrittore siciliano in un ricordo fatto ad alta voce dal suo principale protagonista. Il motivo che scatena tutto il trambusto, e di conseguenza il duello – la visita dei quattro allegri ubriachi – è, quindi, solo narrato, incentrando lo spettacolo sull’effetto ultimo piuttosto che sulla sua causa. E’ necessario perciò conoscere bene il testo per apprezzare al meglio le variazioni apportate e la nuova chiave di lettura. Umberto Orsini è una certezza e si muove benissimo nei panni del paziente ospedaliero Leone Gala, che, quasi come dallo psicanalista, ripropone quello strano giuoco di cui faceva parte. Michele Di Mauro è decisamente convincente nei panni di Guido Venanzi, a tratti invece un po’ sopra le righe Alvia Reale in quelli di Silia Gala. La bella sceneggiatura di Maurizio Balò è perfetta nel sottolineare i diversi livelli di interpretazione di cui si compone l’opera.
Andrea Di Carlo