Al teatro San Paolo va in scena Il Mistero del Calzino Bucato, scritto e diretto Marco Zadra in occasione del suo ventennale.
Inghilterra, notte di Natale piovosa. L’ispettore Penleton e l’agente Fish di Scotland Yard si trovano su un’insolita scena del delitto: il ricco Lord Pinkerton è stato da poco assassinato per soffocamento e i principali indiziati sono i suoi parenti diretti, interessati alla sua eredità. La situazione è chiara, l’arma del delitto è un calzino bucato, lasciato maldestramente dall’assassino, ma la soluzione è lontana, dato che la casa è frequentata da molte persone e ognuno di loro potrebbe esserne coinvolto; iniziano così una serie di colpi di scena, di omissioni e altri delitti per cercare di annacquare le prove ed eliminare sospetti. Alla scena partecipano tantissimi personaggi: i tre nipoti del defunto con i loro partner, un pastore in cerca di nuove melodie religiose, il fedele e cupo maggiordomo, un pianista cieco, una cameriera d’importazione romana e altre due più “British”, due zie anziane rintronate, senza dimenticarsi di uno spietato ma sbadato assassino.
Quest’anomala commedia dell’assurdo e del Nonsense pone un susseguirsi di acrobazie sul palco, inseguimenti e sparatorie, balli coreografici accompagnati da improvvisazioni musicali degli stessi attori, effetti speciali “home made”, un caos narrativo il cui unico filo è un omicidio da risolvere. Siamo in un salone di un ricco uomo inglese (a cura di Marco Zadra), divano in primo piano accanto ad un piano bar e una serie infinita di porte da cui parte il vorticoso movimento di scena del ricco cast, perfettamente coordinato nelle battute in romano-calabrese-inglese, con qualche piccolo inceppo trascurabile nell’esposizione, anche se è impossibile scendere nel dettaglio dei singoli, dato che il numero dei coinvolti supera i tredici. I vestiti sono variegati, a seconda delle occasioni in atto, ammiccanti o a lutto, divise da domestica, abiti da sacerdote e completi eleganti per gli ereditieri, semplici ma efficaci anche grazie all’ausilio di parrucche e molti altri gadget (a cura di Francesca Misiti). I due atti presentano un’alternanza di scene divise da musiche comico-drammatiche e luci, che scandiscono l’avanzamento temporale, pongono enfasi sulle situazioni individuali sospette ma generalmente rimangono sulla scena per dare il focus al contesto generale (a cura di Chiara De Gaetano). I momenti canori sono accompagnati dal pianista cieco (Fabrizio Siciliano) con l’ausilio della batteria (Luca Zadra) e vanno a formare un eterogeneo coro ben coordinato e poliedrico.
Complessivamente la commedia è assai controversa, lontana dal solito cliché da cabaret e per tutta la durata presenta freddure sul comico caso d’omicidio, barzellette, sarcasmo, licenziosità nel lessico, che spesso appaiono forzate e scontate; se non v’è eccelsa ricercatezza o cinismo, sono talmente tante che nel complesso è impossibile non farsi qualche sorriso aggravato da una sana risata. Eppure in questo continuo movimento degli attori che entrano ed escono di scena a velocità incredibile, è chiaro il grande sforzo di coordinazione di regia nascosto dietro a una canzone/stacco, ovvero le difficoltà di gestire ciò che appare semplice. La comicità diretta e di massa potrebbe condizionare negativamente i gusti degli amanti del teatro impegnato o satirico, ma astraendosi dal contesto specifico, è chiaro che lo scopo del gioco è più un vezzeggio di un teatro classico con annessa rottura degli schemi tradizionali. Se da un lato gli spettatori ridono o cercano di farlo, il destinatario sembra che sia proprio lo stesso cast: uno spettacolo fatto anche per loro stessi, per ridare pura energia agli attori che a stento riescono a trattenere le risate sulla scena, un duplice scambio con o senza feedback, palco verso platea, palco verso palco.
Il regista M. Zadra rilascia una piccola intervista per lo spettacolo di cui si fa baluardo da 20 anni.
– Marco, ormai agli spettatori è chiara l’importanza che dai agli ambienti inglesi nelle tue opere. Dovere o Piacere?
“Fondamentalmente non mi sento italiano. Mio padre, Fausto Zadra, è stato un famoso pianista argentino e insieme a mia madre, pianista belga Marie Louise Bastyns, hanno contribuito a far nascere in me una forte influenza filo-nordica.”
– Si ma questo spettacolo è lontano dal solito “Politically Correct”, ci sono sia parolacce che ampollose espressioni sassoni in un ambiente classico britannico.
“Questo spettacolo nasce per uno scopo diverso rispetto ai classici fatti in precedenza, li prende un po’ di mira cercando di spezzare la monotonia strutturale della comicità simil-inglese da un lato, mentre dall’altro vuole giocare sull’effetto caldo-freddo nei momenti in cui le persone perdono la pazienza e riescono a tirar fuori i pensieri per come vengono pensati e non filtrati dal solito perbenismo. Le parolacce sono poche e ben mirate a uso esclusivo delle situazioni di stress dei personaggi e mai gratuite”.
– Nel cast vedo attori che già hanno collaborato con te
“Si la maggior parte degli attori hanno partecipato ad altri spettacoli. Il casting è stato fatto in base ai ruoli delle persone, ma con buoni margini di autonomia. Ricorda la ragazza che entra di tanto in tanto ad elemosinare in scena? In realtà è una barista che lavora a Roma in una zona che frequento spesso. Mi aveva destato curiosità così ho provato a coinvolgerla tra gli attori per qualche comparsa. La stessa cosa per le coriste che guidavano vocalmente la parte musicale: sono state ritagliate piccole parti per loro per integrarle nello spettacolo ed evitare che rimanessero solo lì per cantare”.
– Un cast enorme per un teatro così piccolo
“Siamo al solito problema, per quanto i nostri spettacoli possano piacere o no, nelle ultime repliche per Roma abbiamo fatto sempre pieno in sala, rischiando spesso di lasciare persone a bocca asciutta, ottimi riscontri e un grande calore dal pubblico che ormai ha imparato a seguirci in teatri diversi. Purtroppo dobbiamo fare i conti con uno scenario teatrale gestito da lobby, in cui non è facile far emergere gli spettacoli anche se validi, per poi trovarsi i soliti nomi blasonati che spesso fanno lasciare la metà dei sedili della sala a prendere aria.”
– Che effetto ti fa riproporre uno spettacolo dopo il ventennio dalla creazione?
“Ci tenevo molto a farlo, è stato un evento importantissimo dato che continua a far rivivere un pezzo della mia vita: il pianista Fabrizio Siciliano ha imparato molto stando a stretto contatto con mio padre e la parte di Susy venti anni fa venne fatta da mia moglie quando era incinta di mio figlio”.
– Caspita, chissà che sorpresa per tuo figlio!
“Beh non più di tanto, dato che sul palco era accanto a me!”
– Che intendi dire? (nel frattempo abbraccia due ragazzi)
“Lui è l’agente di Scotland Yard, mentre lei la nipote dello zio Pinkerton. Sono i miei due figli Luca e Giulia. E’ come vedere un film della mia vita che continua a scorrere mentre mi avvolge in un passato che è sempre con me.”
In scena fino al 13 aprile 2014.
Marco Lelli