Il più bel secolo della mia vita, scritto e diretto da Alessandro Bardani e Luigi di Capua, è in scena fino al 3 gennaio al Piccolo Eliseo, in Via Nazionale 183.
Sul palco Giorgio Colangeli, Francesco Montanari e Maria Gorini allietano la serata con battute ironiche, nonostante la trama metta in scena la storia di due figli di madri sconosciute, definiti quindi NN, un appellativo per definire gli orfani usato fino a qualche decennio fa.
Giovanni e Gustavo si trovano alle prese con una legge italiana, unica in Europa, che vieta ai figli non riconosciuti di venire a conoscenza dell’identità della propria madre naturale, se non dopo il compimento del centesimo anno di età.
I due uomini appartengono a due generazioni diverse: Giovanni è un trentenne disattato, lontano dalla tecnologia ed assolutamente inadeguato a destreggiarsi con l’altro sesso a causa d’una miriade di fobie e bramoso di sapere chi sia la madre naturale, prima del compimento dei cento anni; Gustavo è un centenario a cui non è mai importato sapere chi fosse la donna che l’ha partorito ed è un donnaiolo, amante dei social network e dallo slang modernissimo, ma costretto su una sedia a rotelle a cusa dell’età avanzata e gli acciacchi. La coppia vivrà una serie di avventure sia assieme che separatamente che li condurranno a identificare l’anagrafica delle proprie madri; Gustavo in maniera legale per raggiungimento dei cento anni di età e Giovanni in maniera non proprio legale, avendo rubato la propria cartella clinica, presso l’ospedale dove è nato, sotto consiglio del centenario. A loro s’accompagna Maria Gorini, nelle vesti della compagna di Giovanni, che funge da legante tra i due.
Lo spettacolo è sostenuto dal Comitato nazionale per il diritto alla conoscenza delle origini biologiche e dall’associazione nazionale Figli adottivi e genitori naturali (F.A.E.G.N.) che si battono per fare in modo che i figli non riconosciuti alla nascita possano conoscere le proprie origini biologiche anche per poter possedere un chiaro quadro clinico delle patologie ereditarie presenti nella propria ascendenza familiare.
Lo spettacolo affronta in maniera divertente, portandolo alla conoscenza di tutti gli spettatori, un argomento scottante di cui pochi sono a conoscenza.
La scenografia di Gaspare De Pascali e e le musiche di Deserto Rosso fanno da cornice ai due attori che cavalcano con disinvoltura la scena grazie anche a battute che fanno ridere e riflettere.
Monia Zambernardi