Il rito @ Teatro Vascello – Roma

In un agosto torrido, il giudice Abrahmsson riceve presso il suo ufficio i coniugi Hans e Thea Winkelmann e Sebastian Fisher, celebre trio attoriale in città con uno spettacolo teatrale, per un’indagine in corso.

Qual’è il  motivo della convocazione? Che tipo d’indagine è stata aperta nei loro confronti?

Il rito risponde a tali quesiti- apparentemente simili tra loro, ma posti in maniera separata volutamente dal recensore- conducendoci in un labirinto di ambiguità e svolte surreali: i tre artisti, legati da un menage a trois non solo professionale ma anche amoroso, sono stati denunciati per oscenità a causa di una perfomance presentata nel loro spettacolo ed è proprio Abrahmsson  che dovrà occuparsi del caso, manifestando una curiosità morbosa verso di loro.

Non a caso, la pièce s’apre con il giudice intento a scrutare con attenzione delle diapositive del trio, soffermandosi in particolare su quelle dell’avvenente Thea; desiderio, timore quasi reverenziale e necessità di comprendere dominano l’uomo nei rispettivi interrogatori, singoli e di gruppo ch’egli condurrà durante l’opera.

Abrahmsson è intimidito da Fischer, prototipo dell’attore belloccio e scavezzacollo, dal quale è aggredito con ferocia, durante il loro colloquio privato; prova disgusto ed attrazione per Thea, la cui isteria  non è mai chiaro se sia simulata o reale; blandisce con autorevolezza il leader del trio, l’assennato Hans Winkelmann, che tenta di corromperlo.

Il giudice manifesta titubanza verso l’atto censorio all’origine della denuncia verso i Winlemann e Fisher e tenta d’esser conciliante con gli attori, ricevendo tuttavia sdegno e sufficienza da parte loro: nonostante le evidenti difficoltà relazionali che stanno logorando anche il rapporto lavorativo, il trio si percepisce al di sopra della comune morale e rigetta come inicua la denuncia per oscenità.

Al termine dello spettacolo, Abrahmsson accoglie gli artisti nuovamente nel suo ufficio per assistere all’azione scenica che ha generato tanto scandalo con un esito imprevedibile.

Tratto da un film del geniale Ingmar Bergman, Il rito nelle intenzioni del regista avrebbe dovuto esordire come opera teatrale e ne mantiene a modo suo l’impianto; l’adattamento diretto e curato da Alfonso Postiglione- che interpreta il ruolo del giudice- ne riprende atmosfere e suggestioni con una confezione affascinante e colma d’ottime idee sceniche.

Lo spettacolo è piuttosto convincente e riuscito grazie alla composizione scenica di Robero Crea, ad una scenografia semplice ma efficacissima, al disegno luci di Luigi Della Monica diviso tra il lancinante bianco del palcoscenico su cui si muovono i Winkelmann e Fisher e l’opprimente penombra dell’ufficio di Abrahmsson, posto in alto; una divisione dello spazio scenico che esacerba le differenze tra i tre attori ed il giudice, sottolineando il fascino magnetico dei primi tre e la solitudine grottesca del quarto.

Come scritto sopra, la confezione della pièce è uno dei suoi grandi punti di forza poiché comunica visivamente appieno la tensione metafisica del film di Bergman e dimostra la cura certosina con cui l’adattamento è stato portato in teatro.

Molto interessanti le interpretazioni dei quattro protagonisti: Antonio Zavatteri si cala con eleganza nel ruolo di Hans Winkelmann, distaccato ed al contempo attento factotum del trio artistico; Alice Arcuri, fasciata nei costumi di Giuseppe Avallone, ha una presenza scenica impressionante tra seduzione e nevrosi; Alfonso Postiglione è un Sebastian Fisher indolente e sfrontato; infine Postiglione ritaglia per sé, in maniera convincente e crudele, il personaggio del giudice Abrahmsson, uomo comune pericolosamente attratto dallo stile di vita sui generis degli indagati.

Il rito porta sul palcoscenico il tema della censura e della naturale repulsione/attrazione del potere precostituito nei confronti dell’Arte e delle idee sovversive di etica e morale insite in essa;  Abrahmsson è una sorta di novello Icaro che brucia quando s’avvicina al fuoco sacro incanalato dai tre attori, il cui distanziamento dalle convenzioni è volutamente esibito con glaciale noncuranza.

In scena presso il Teatro Vascello sino al 26 gennaio.

Roberto Cesano