Il ritorno è permeato di una divorante nostalgia, di quelle che si respirano all’improvviso e dalle quali non si sfugge se non trovando il coraggio di immergersi nell’emozione di assaporarne il gusto dolce e amaro al tempo stesso. L’autrice Carlotta Clerici sembra voler dare voce a questa sensazione e immagina un “ritorno”, l’incontro tanti anni dopo di un gruppo di amici sulle rive del lago dove sono nati e cresciuti, dove hanno vissuto la loro spensierata adolescenza, innamorati uno dell’altra in una catena non perfetta, convinti che tutto fosse possibile e sicuri ognuno delle proprie scelte. Da quel lago e dalla loro amicizia si sono separati allora alla ricerca di se stessi, Anne e Matthieu hanno infatti preso il volo alla conquista del mondo, lei a Parigi ad inseguire il suo sogno di attrice e lui nella Nuova Caledonia, dove ha fatto fortuna aprendo un albergo di lusso, mentre Yann ha deciso di rimanere a gestire il loro piccolo albergo-rifugio, coltivando la sua passione per la pittura ma rinunciando ad una vera carriera artistica, dipingendo nella sua stanza atelier lontano dal mondo e protetto da un amore tiepido.
Ora che il loro amato albergo sta per essere messo all’asta, complici l’incauta gestione di Yann e la sua passione per il gioco, si ritrovano tutti insieme a cercare una soluzione, o forse solo a rivivere ancora una volta quelle magiche atmosfere, quando tuffarsi dal pericoloso Scoglio dell’Aquila, incuranti del rischio, li faceva sentire vivi e imbattibili.
Lo spettatore si ritrova a rivivere con loro vecchie passioni, qualche rancore non espresso, i loro successi e fallimenti, il fatale ricongiungersi di vite ormai separate in un crescendo di nostalgia, dove passato e presente si fondono e si mescolano come nella mente della signora Richard, svampita e dolcissima ospite annuale dell’albergo, interpretata da una meravigliosa Aide Aste. Sara Bertelà, Corrado D’Elia e Roberto Ziletti, rispettivamente nei panni di Anne, Yann e Matthieu, sono bravissimi a portarci per mano nella loro realtà, a raccontare le loro debolezze e i loro sogni, le aspettative fallite, il legame indissolubile con il passato.
Il lago rappresenta simbolicamente il luogo immaginario in cui ognuno di noi ambienta i ricordi felici, la cui bellezza si fa leggenda nella mente e nel cuore e la cui esistenza effettiva non importa quasi più. Quello che emerge con forza dallo spettacolo è l’incontro tra chi lotta ogni giorno alla ricerca di qualcosa che dia un senso alla vita, e chi invece si arrende e non vuole credere più a niente. Basta poco per confondere presente e passato e per vedere crollare il nostro bel castello di carte e dover trovare la forza per lottare e ricominciare.
Azzeccata anche la scelta della musica dei Nirvana a corollario delle atmosfere sfumate tra i diversi cambi di scena.
Uno spettacolo da non perdere, quindi, al Teatro Vittoria fino al 22 aprile, toccante, ben congeniato e profondo. La sapiente regia di Marco Bernardi dirige un ottimo cast e porta in scena un’opera intensa e sottile, che arriva a colpire dentro e ti lascia un senso di smarrimento ma anche un messaggio di fiducia, per chi sa trovare la forza di continuare a costruire la propria vita a dispetto di delusioni e amarezze.
Claudia Belli