Una coppia d’anziani su un palco scarno, due bauli colmi d’oggetti, il ballo come racconto carnale dei momenti salienti dell’esistenza di due sposi; Il tango delle capinere di Emma Dante in scena al Teatro Argentina può esser così riassunto.
La prolifica drammaturga palermitana porta sul palco in maniera divertita e melanconica un matrimonio scandito dal movimento, punto focale della relazione tra l’uomo e la donna protagonisti, andando a ritroso nell’arco temporale delle loro vite: all’inizio dello spettacolo sono anziani e pieni di acciacchi e di ballo in ballo, ringiovaniscono fino ad arrivare- non con sequenzialità cronologica precisa ma volutamente per salti emozionali a livello temporale- alla fanciulezza e all’innamoramento.
Sabino Civilleri e Monica Lo Sicco sono il veicolo della poetica della Dante, da sempre incentrata sul Corpo dell’uomo e della narrazione di sangue, muscoli, nervi ch’esso rappresenta; sono teneri ed elettrici nella danza, aggraziati ma non perfetti nel metter in scena l’amore nel suo viaggio attraverso il tempo e le emozioni.
Il tango delle capinere è un omaggio al senso di perdita per la morte del partner, al cruogiolo di ricordi e rimpianti che compongono un percorso esistenziale comune; è uno spettacolo commovente e volutamente basico, ideato da un’artista che ha totale confidenza col mezzo teatrale.
Tuttavia è anche molto telefonato e per nulla azzardato, poiché la Dante va sul sicuro su ogni aspetto della rappresentazione: dalle musiche anni ’60, conosciutissime ed iconiche, alla messa in scena stessa del matrimonio.
Sia chiaro, lo spettacolo è alquanto godibile ed emozionante, grazie all’appassionata interpretazione dei due protagonisti, il lavoro sul Corpo dell’attore della regista sempre interessante e mai patinato, ma non brilla nella produzione della Dante per originalità o riuscita poiché non aggiunge nulla al suo ricco e variegato portfolio di opere teatrali.
Al di là di tali considerazioni, lo spettacolo spicca per l’impeccabile resa scenica impreziosita dalle luci di Cristian Zuccaro e come sempre dalla maestria della Dante nell’uso dello spazio teatrale sfruttato al meglio, nell’essenzialità della scenografia.
Un plauso a Civilleri e la Lo Sicco, buffi e meravigliosi sposini in movimento perpetuo nelle falde del Tempo.
Roberto Cesano