Barbara Ronchi interpreta Catherine, la cognata del protagonista, in Giusto la fine del mondo, l’adattamento dell’omonima opera del commediografo francese Jean-Luc Lagarce, diretto da Francesco Frangipane ed in scena dal 13 febbraio presso al Piccolo Eliseo.
Diplomata alla Silvio D’Amico, Barbara ha risposto sagacemente alle nostre domande sull’opera, il ruolo del Teatro nel presente italiano e sui ruoli che le piacerebbe interpretare in futuro
Come si è approcciata al testo?
“Sono partita dalle basi e l’ho letto prima in francese, in lingua originale. Leggo e rileggo il testo tante volte, è il mio modo di iniziare a studiare.
Poi ho studiato sulla traduzione di Franco Quadri che abbiamo usato e ho iniziato a pensare a Catherine, la cognata di Louis, il personaggio che interpreto: lei lo accoglie con gentilezza, è un’anima che sente affine alla sua.”
Ha visto il film? Quali sono le differenze tra film e spettacolo?
“Si ho visto il film e ne sono rimasta affascinata. Dolan ha messo in immagine tutto ciò che nel testo viene solo evocato, i ricordi di un tempo felice, l’infanzia dei fratelli, gli sguardi tra gli attori che molto spesso dicono molto di più di tante parole, ha aggiunto altri dialoghi a quelli già esistenti, ha fatto un bellissimo lavoro autoriale. Dolan che incontra Lagarce.
Nel nostro caso siamo stati molto fedeli al testo originale, quindi cambia la prospettiva. Nel film sembrava che qualche personaggio avesse capito le ragioni del ritorno a casa di Louis, nello spettacolo nessuno sa niente nè potrebbe arrivare ad immaginarlo.”
Che ricordi serba della sua formazione alla Silvio d’Amico?
“Mi sono diplomata all’Accademia nel 2009 e sono stati anni meravigliosi per me, è stato un privilegio poter passare tre anni della mia vita a studiare, leggere, guardare spettacoli in biblioteca o vecchi film, provare con i miei compagni dalla mattina alla sera. Eravamo tutti entusiasti di vivere quegli anni insieme e sono stati fondamentali nella mia formazione, i miei più grandi insegnanti sono stati, oltre a Carlo Cecchi, o ad Anna Marchesini, i miei compagni di classe. Ci guardavamo a vicenda quando eravamo in scena per poi dirci quello che era piaciuto e cosa no, cosa mancava, o cosa c’era già e non andava perso. Questa condivisione è un ricordo che custodisco gelosamente, e quello che auguro a tutti gli attori di provare almeno una volta nella vita.”
Cosa pensa della situazione del teatro in Italia? Rispecchia i tempi che viviamo?
“Il teatro come diceva Amleto è lo specchio del tempo in cui viviamo e sono sicura che non perderà mai questa natura, è l’arte del presente mai più ripetibile, che svanisce nell’attimo in cui si chiude il sipario.
In Italia ci sono tante realtà teatrali bellissime: penso a Carrozzeria Orfeo, a Valerio Binasco, Danio Manfredini.
Non ce li dimentichiamo.
Certo nel panorama italiano come dappertutto alcuni spettacoli sono solo per un’elite, ma tanti altri invece riescono a parlare a tutti, anche ai bambini.
D’altronde Peter Brooke per capire se i suoi spettacoli funzionavano chiamava proprio i bambini alla prova generale: se loro stavano attenti e si divertivano, era lo spettacolo giusto per tutti.”
Opere o ruoli che mi piacerebbe interpretare?
“Mi piacerebbe Tre sorelle di Cechov. O Il giardino dei ciliegi. Sarebbe un sogno!”
Roberto Cesano