Ivan e il Diavolo @ Teatro Belli – Roma


3483-ivan_diavolo_teatro_belliAppuntamento al Teatro Belli con Ivan e il Diavolo, capitolo tratto da I Fratelli Karamazov, diretto ed interpretato da Alberto Oliva e Mino Manni.

Tratto da una parte della grande opera di Dostoevskij, lo spettacolo è centrato sul personaggio di Ivan, uomo assai controverso e tormentato, nel fondamentale momento in cui dialoga con il Diavolo, personificazione del suo lato oscuro ma più in generale del significato del male nel creato. Un dialogo/monologo intenso fra i due, facce contrapposte della stessa medaglia, tra realtà e proiezione della propria coscienza, pieno di dubbi, a tratti grottesco e divertente. Un diavolo in abiti borghesi, dai modi affabili, creato come visione allucinatoria, che dà voce al lato nascosto di un uomo assalito da forti sentimenti, tra cui la sua grande pena e preoccupazione per gli innocenti (i bambini) e il più grande enigma che tormenta l’uomo: l’esistenza di Dio e la sua contrapposizione al Diavolo, in perenne conflitto su un campo di battaglia anomalo, il cuore dell’uomo.

La scelta di rappresentare un’opera così complessa potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio. Si è scelto di portare in scena uno spettacolo breve, con buone scelte di regia e una grottesca rappresentazione del Diavolo, che pare schernire lo stesso Ivan. Il palco è allestito in modo semplice ma efficace, si rappresenta il dialogo in bagno, con una vasca, un mobile da bagno e un water usurati, dietro pareti totalmente nere; l’ambientazione risulta molto dark, come lo stesso stato d’animo di Ivan. I costumi sono semplici, poveri quelli di Ivan, in contrasto con l’ampollosa eleganza sciorinata dal Diavolo (a cura di Marco Ferrara), le musiche sono eccentriche per il Diavolo e struggenti per Ivan; essenziale l’uso di luci, spesso diafane, che oscurano i personaggi di turno, ne accentuano i dissidi interiori dando dinamicità al contesto statico di un’unica scena (a cura di Alessandro Tinelli). La scelta per il finale è opinabile, una chiusura estremamente netta, sancita da una luce che cade come una scure sul dialogo, quasi fosse un cambio di una scena e non un vero finale; un adattamento complesso per uno spettacolo così breve che stenta a trovare un finale credibile. Il problema più serio e altalenante rimane la recitazione, che rimane molto discontinua e perennemente caratterizzata da cadenze milanesi su cui occorrerebbe lavorare. Da un lato Mino Manni, nella parte del Diavolo, rimane una figura credibile, nella sua cruda pazzia, nel suo cinismo e realismo, Alberto Oliva dall’altro perde in efficacia, con una dizione da migliorare aggravata da mancanza di presenza scenica, poco credibile nel ruolo di Ivan, colui che si ciba di umani tormenti, nonostante il suo visibile impegno nello studio della parte.

C’è da apprezzare il grande lavoro che è stato fatto per una delle opere più complesse di tutti i tempi e spesso rappresentate; complessivamente una buona regia che comunque denota uno studio non banale, però annacquata nella recitazione che necessita di assiduo lavoro per poter spiccare il volo.

In scena fino al 25 maggio.

Marco Lelli