È un classico della drammaturgia mondiale, riproposto in tutte le salse e paradossalmente mai noioso, è l’evergreen del teatro di Wilde, l’importanza di chiamarsi Ernesto, o di chiamarsi franco ed essere onesti per comprendere meglio l’ambiguo titolo nella nostra lingua divisa nei suoi compartimenti stagni del troppo serio lessico.
L’importanza di chiamarsi Ernesto è la storia di Jack Worthing, un piccolo proprietario terriero inglese con una doppia identità, quella di campagna dove è riconosciuto come Jack appunto, e quella di città dove si farà conoscere con il nome di Ernesto; in inglese, infatti, la pronuncia di questa parola ha foneticamente un doppio significato: Ernesto è nome proprio di persona ma può anche significare Ernesto cioè Onesto.
La commedia satirica sul mondo borghese inglese si sviluppa sul doppio significato del nome, che nello svolgimento del testo diviene garanzia di onestà e serietà in un mondo così frivolo, e del quale le donne si innamoreranno perché il sogno della donna perbene è sposarsi con un uomo serio ed onesto. E cosi sugli equivoci si sviluppano due storie d’amore, quella tra Jack e Gwendolein e quella tra Cecily e Algernoon. Quest’ultimo, amico di città di jack, scopre la magagna del compagno di gioco e si reca in campagna alla tenuta dell’amico facendosi passare per Ernesto, s’ innamora della giovane protetta e dopo una serie di peripezie, si ritrovano tutti smascherati delle loro false identità.
Le storie hanno tutte un lieto fine ed ogni coppia si dichiara, anche quella più improbabile della tutrice Miss Prism e del reverendo Chasuble, personaggi comici che spezzano il ritmo della storia e che alla fine svelano tutta l’importanza di chiamarsi Ernesto.
La messa in scena della compagnia dei Borghi al teatro San Paolo è interpretata da Lucia Ricalzone, Giuseppe Renzo, Patrizia Grossi, Daniele Biagini, Ester Cantoni, Giorgio Barlotti e Cristina Golotta ed è una proposta classica come schema scenico ed interpretativo, ma diversa è la chiave di lettura dell’ ambientazione; infatti il tutto è riproposto in chiave anni sessanta, si nota nei colori psichedelici dei costumi e nel divano eclettico della prima scena e nella colonna sonora, alla quale viene data molta importanza nella propaganda dello spettacolo ma che non è troppo usata, anche se si tratta di note importanti come quelle dei Beatles.
Comunque la recitazione è molto buona da parte di tutti, in particolare Lucia Ricalzone, splendida e pungente nel Ruolo Mrs Fairfax, precisi anche i personaggi di Jack ed Algy, gli altri interpreti comunque ad un ottimo livello pur mancando loro il quid in più. Bella la scenografia ed ottima la riduzione in due atti, nel complesso lo spettacolo non ha mai stancato.
L’importanza di chiamarsi Ernesto sarà di nuovo in scena al Teatro San Paolo dal 27 novembre al 16 dicembre.
Francesco Prudente