Il Teatro Vittoria ospita fino al 16 gennaio uno spettacolo inusuale per un teatro di prosa, La Boheme di Giacomo Puccini; una delle opere più conosciute ed amate non solo del celebre compositore ma della lirica stessa.
L’allestimento è un interessante esperimento volto a presentarla in un contesto differente, adattandola alle caratteristiche di tale spazio scenico e puntando su un allargamento del bacino di utenza del genere.
Fedele riproduzione del capolavoro pucciniano, con in scena gli interpreti/cantanti ed un pianista, a sostituire l’orchestra sinfonica per ragioni ergonomiche e di messa in scena. Per chi non conoscesse la trama, una breve sinossi: Parigi, un gruppo di scalmanati giovani vive le proprie giornate tra espedienti per sopravvivere e bagordi per il Quartiere Latino, epicentro del mondo notturno e festaiolo della capitale francese.
Rodolfo conosce e s’innamora perdutamente della dolce Mimì, dalla salute cagionevole, mentre il pittore Marcello vive una relazione burrascosa con la bella e libertina Musetta, che ambisce ad una vita agiata e frizzante. Assieme ai loro amici Schaunard e Colline, la vivace combriccola consuma la propria giovinezza in rottura con i dettami dell’epoca in perfetto stile bohémien. Ma i beati eccessi della giovinezza stanno per lasciare il passo alla fase successiva, l’età adulta, e la tragedia incombe spezzando illusioni e speranze e mutando equilibri ed aspettative. È difficile riassumere il brio e le emozioni che La Boheme trasmette; un condensato di soave leggerezza e commozione per il fato dei personaggi e dei loro sentimenti; la bellezza trascendentale e struggente dell’amore e la giovinezza narrata in musica. La fine partitura, le arie immortali sono deliziosamente rese in questa scommessa portata in scena al Vittoria.
I quattro quadri originari sono sviluppati con un taglio veloce e filmico, grazie alla regia di Giancarlo Nicoletti e ai disegni di luce particolarmente azzeccati di Daniele Manenti. Gli interpreti sono convincenti ed hanno voci ben adattate a tale riduzione, sotto la guida di Amelia Felle. La Musetta di Giorgia Costantino trasmette appieno la vitalità indomita e giocosa del personaggio, calamitando su di se la scena quando appare sul palco.
Altrettanto bravi Alessandro Fiocchetti e Vladimir Jindra , nei ruoli di Marcello e Rodolfo, come Vittorio Ferlan Dellorco e Ivan Caminiti in quelli dei divertenti Schaunard e Colline; Flavia Colagioia è una Mimì delicata e commovente, nel suo fragile anelito di vita ed amore.
Un plauso particolare per l’estro del giovanissimo pianista, Umberto Cipolla,, il cui talento s’impone in tutta la sua grandezza. Lo spettatore percepisce la passione del musicista anche nel suo esser partecipe completamente alla trama, e lo si coglie spesso a cantare sottovoce le arie che sta suonando.
Tuttavia, la sua dirompente energie lo porta spesso ad una velocità che sovrasta i cantanti quasi costretti a seguirlo in affanno come tempi. Tuttavia ciò denota un temperamento artistico che con il trascorrere delle repliche saprà temperate il proprio vigore.
Le scene di Alessandro Chiti sono funzionali ed accattivanti, come i costumi di Vincenzo Napolitano. La regia si mostra salda e dinamica, scandendo un ritmo di scena azzeccato per il tipo d’idea alla base.
La Boheme rappresentata al Teatro Vittoria parte da un nobile intento, riprodurre in maniera differente ma rispettosa un’opera lirica fuori dal suo contesto canonico e renderla fruibile ad un pubblico non avvezzo, mettendo voglia di conoscere meglio tale ambito, riuscendo a farlo con ottime soluzioni registiche e musicali.
Essendo in scena ogni giorno, si alterneranno due differenti cast; motivo per tornare a vederla per gustarne interpretazioni e performances al piano distinte.
Roberto Cesano