Secondo appuntamento al Teatro Vittoria con Ascanio Celestini, che fino a domenica 21 ottobre propone lo spettacolo La Fila Indiana.
Si tratta di una raccolta di racconti, scritti in fretta, come ha osservato in diverse occasioni l’autore romano, frammenti attorno ai quali Ascanio Celestini è, al solito, bravissimo a cucire una serie di storie vecchie e nuove. Sapientemente altre se ne sono aggiunte nel corso degli anni fino a diventare uno spettacolo trascinante e commovente.
Sul palco lo accompagna Matteo D’Agostino alla chitarra, ma rimane la formula del monologo, attraverso il quale Ascanio Celestini affabula nel suo consueto ritmo gradevole ed incalzante, con la sua voce melodica e rassicurante, strappa qualche sorriso, qualche commento triste, certo tutti restano attenti e concentrati nel loro sonoro silenzio.
Al centro dello spettacolo c’è il razzismo, quello tristemente famoso delle invettive leghiste trasmesse al buio in teatro, ma anche e soprattutto quello inquietante e subdolo che si annida nei risvolti del vivere quotidiano, quello consumato con il sorriso sulle labbra, nella convinzione di non essere razzista, da cittadini modello, insospettabili ma altrettanto feroci nei confronti della minoranza di turno.
Teatro civico, come al solito ricchissimo di contenuti e di riflessioni profonde, nello stile di teatro puro, giocato sul ritmo della parola, irriverente e senza remore, coraggioso e coinvolgente, arricchito da ritornelli che rendono magnificamente l’idea nella testa dell’autore e contribuiscono a costruire immagini, quasi fossero davvero proiettate in teatro. Le storie sono terribili, cattive ed efficaci, in un crescendo di crudo cinismo, appunti di vita vera raccolti per la strada, la nostra strada, dove ancora una volta l’Italia e gli Italiani escono piuttosto malconci, drammaticamente qualunquisti e ostinatamente perbenisti, con il consueto caustico ma efficace senso dell’umorismo tipico di Ascanio Celestini.I personaggi sono tutti realistici quanto paradossali, inquadrati in una quotidiana disumanità, sorretti da un pessimismo incancrenito, tutti in fila indiama, felici della loro omologazione da difendere a tutti i costi, ma anche arrabbiati e pronti a prendersela con chi è più debole o viene dopo di loro nella immaginaria fila indiana che indica loro la strada.
Ancora una volta, Ascanio Celestini ci offre una descrizione intelligente e irriverente dele ingiustizie, delle incongruenze e delle banalità della nostra società di questi anni, in una dimensione civica e politica mascherata nella sua eccezionale capacità di usare parabole e leggende, in un linguaggio apparentemente sereno, ma con vocaboli decisamente politicamente non corretti, a rendere il messaggio diretto e difficile da digerire.
Ascanio Celestini sa far bene il suo mestiere, è un bravo attore, tiene il palco per quasi due ore filate, tra accelerazioni e pause, invettive e sarcasmo, con un pubblico attento e numeroso, molte facce giovani, tante persone di diverse estrazioni sociali, a dimostrare quanto siamo attenti ad approfondire e a capire meglio il nostro tempo, pronti a cogliere ogni minima sfumature delle sue storie.
Claudia Belli