In scena presso il Teatro Basilica fino al 15 dicembre, La tragedia di Amleto, principe di Danimarca adattamento della nota tragedia shakesperiana diretto da Alessandro Fabrizi e tradotto da Nadia Fusini.
La sinossi dell’immortale opera del Bardo è nota universalmente: Amleto, figlio dei sovrani di Danimarca, viene a sapere dallo spettro del padre che la sua non è stata una morte accidentale bensì un omicidio compiuto dal fratello del re per impossessarsi del trono e sposare sua madre.
La rivelazione infonde in lui un fortissimo desiderio di rivalsa sullo zio fratricida e sulla madre e lo spinge a fingersi folle, nel tentativo di svelare l’efferato delitto attraverso un ordito piano volto a destabilizzare lo status quo generato dal trapasso del re con conseguenze più nefaste di quanto lo stesso protagonista avesse previsto.
Nella produzione teatrale di William Shakesperare, l’Amleto è forse la più ispirata alla Tragedia Classica Greca con una trama che ricalca la saga degli Atreidi dell’Orestea di Eschilo- un principe in cerca di vendetta per la brutale uccisione del padre, ordita dalla madre e lo zio paterno, amanti- ed è riconosciuta come uno dei massimi capolavori del drammaturgo, protagonista d’un’infinita miriade d’adattamenti d’ogni genere nel corso dei secoli.
La riduzione di Fabrizi è alquanto fedele al testo originale, ammodernato dalla traduzione di Nadia Fusini per seguire quella che è la messa in scena ed il lavoro attoriale di tale adattamento.
Ne scaturisce uno spettacolo snello ed al contempo rispettoso della struttura shakesperiana, con un’attenzione mirata alla rivoluzione caratteriale che subisce il principe di Danimarca a causa della verità sul decesso paterno: prima del fatale incontro con il fantasma del re, Amleto è un figlio in lutto che ancora non si capacità della scomparsa dell’amatissimo padre né del repentino matrimonio tra la madre e lo zio e che vorrebbe solo allontanarsi da tale situazione, per riprendere in mano la propria vita nonostante il sentimento per la bella Ofelia; mentre dopo esso, Amleto mira esclusivamente ad accertarsi della veridicità delle parole dell’inquietante apparizione e ad escogitare un modo per far confessare all’omicida la sua colpa e a sbatterla in faccia alla madre, rea d’aver dimenticato con rapidità il regal coniuge.
Non a caso, per tutta la rappresentazione Laura Mazzi, la regina madre, e Clemente Pernarella, il sovrano fratricida, si mostrano complici e legatissimi accentuando il distanziamento etico ed emotivo dal protagonista; la bravura dei due navigati interpreti esalta il legame instauratosi tra i neosposi, in contrasto con il doloroso cordoglio di Amleto sotto l’attenta direzione di Fabrizi.
Molto interessante la messa in scena in cui il piano attoriale infrange il limite tra interpreti e sala, grazie anche alle peculiari caratteristiche del teatro Basilica per cui lo spazio scenico è alla piena portata del pubblico e fornisce un’ambientazione che ben si confà alle atmosfere dell’Amleto.
Alessio Esposito da corpo e voce ad un dinocollato, istrionico, delfino di Danimarca mentre Maria Vittoria Argenti è un’Ofelia più convincente nelle scene della follia rispetto alla parte iniziale; entrambi recitano convincentemente ma hanno un’altalenanza tra buona resa e tempi non sempre perfetti su cui lavorare.
Tuttavia in toto il cast si conferma parte integrante della pregevole riuscita dello spettacolo, impreziosito da una ballata che s’insinua nella mente degli spettatori suonata e cantata da Giovanni Ciaffoni.
Roberto Cesano