Leonce and Lena è in scena al Teatro Studio Eleonora Duse dal 12 al 18 Dicembre. Il soggetto di Georg Buchner viene scelto dalla regista Rita De Donato come saggio di diploma del corso di regia dell’ Accademia Nazionale D’Arte Drammatica Silvio D’Amico.La vicenda narra del giovane principe ereditario Leonce che, per sottrarsi al matrimonio impostogli dal padre con una principessa sconosciuta, decide di fuggire in Italia insieme al suo amico Valerio sottraendosi, così, a quello status che gli sembrava inevitabile. Intanto, in un altro regno, anche la principessa Lena decide di sottrarsi al matrimonio, fuggendo con la sua governante per essere libera dagli obblighi dettati dalle ragioni di Stato. Cosi, tra sogno e realtà, i loro destini finiranno per incrociarsi procedendo verso un finale inaspettato, dove i due finiranno davvero per innamorarsi, come era già stabilito, ma in modo autonomo e libero da qualsiasi condizionamento. Leonce and Lena è una commedia di quasi duecento anni fa, ma ancora attualissima, perché i protagonisti riflettono non solo sulle loro aspirazioni, sogni e stati d’animo, ma si confrontano anche sulle tematiche sociali, sospese in una realtà spazio temporale indefinita, così i due protagonisti diventano due personaggi moderni, con le stesse ansie, sogni, paure, ambizioni dei ragazzi dei nostri tempi. Questa contemporaneità viene accentuata dalle scelte di regia che si orientano verso una scenografia essenziale e astratta, dove in scena non vi è altro che personaggi collocabili indifferentemente in uno sfondo ottocentesco o in una caotica metropoli odierna, come ci suggeriscono le immagini proiettate sullo sfondo. Al di là della storia d’amore, che potrebbe essere come tante altre, l’opera si pone come una critica verso la società contemporanea, caratterizzata dalla noia e dal “lasciarsi vivere”, in cui le scelte personali sono quasi dei dettami impost,i così il risultato è che “si studia per noia”,”ci si sposa per noia” e sempre per noia, o di noia, si muore. Sono presenti anche degli aspri accenni a un particolare stereotipo di parassitismo sociale: infatti, tra le battute più significative, vien detto che “è cretino chi lavora” e questi personaggi cercano a modo loro di trovare una collocazione nella società e rifiutano il lavoro come mezzo di realizzazione, additando come pazzo chi lavora per vivere. Emerge anche quella crisi esistenziale che domina i personaggi teatrali di fine Ottocento: Lena si interroga sulla condizione di infelicità degli uomini, imprescindibile dall’esistenza stessa. In questo testo, e in altre opere di Buchner, si condensa tutto il teatro moderno, facilmente riscontrabile nella raffinata ironia della trama, ma anche la più antica tradizione delle maschere che trova espressione nel personaggio di Valerio che, come un’arlecchino, si pone al servizio di Leonce diventandone l’alter ego. I personaggi sono strambi, bislacchi, sono quasi delle marionette, degli automi che ricordano i personaggi di Maeterlink e che vanno anche ad inserirsi in quel filone del teatro dell’assurdo portato in auge da Artaud. Infatti, il teatro di Bucher fa parte di tutto quel teatro “invisibile” ottocentesco che, in contrapposizione al teatro “visibile” di quella piece bien faite, troverà la sua rappresentabilità solo nel Novecento e che continua tutt’oggi ad essere messo in scena attraverso originali rivisitazioni, come ci dimostra appunto Rita De Donato.
Veronica Lombardi