Odissea A/R @ Teatro Argentina – Roma

Odissea A/R @ Teatro Argentina - Roma

Odissea A/R @ Teatro Argentina - RomaDopo aver errato per vent’anni, Odisseo torna a Itaca e l’incontro tra padre e figlio ci permette di assistere all’umanizzazione del mito. Non racconto tanto il viaggio di Odisseo quanto ciò che lascia e ciò che trova quando torna, in particolare il figlio ventenne senza averlo visto crescere.

Emma Dante

L’Odissea di Omero è un testo fondamentale per l’Umanità intera, fonte d’ispirazione e rielaborazioni pressoché infinite; Odissea a/r, l’adattamento scritto da Emma Dante tratto dall’opera immortale, è il frutto di un laboratorio formativo biennale ch’ella ha tenuto per 23 studenti della Scuola dei mestieri dello spettacolo del Teatro Biondo di Palermo, città natale della celebre drammaturga.

I 23 allievi sono i protagonisti dello spettacolo, fino al 5 febbraio in scena al Teatro Argentina, che ha registrato per tutte le date il sold out, motivo di vanto per il prestigioso teatro romano ma anche segno evidente della notorietà e l’apprezzamento di cui gode la Dante, divenuta dall’inizio del XXIsimo Secolo protagonista della scena artistica italiana e non solo.

Odissea a/r è un’opera straordinaria, degna della fama della regista palermitana, ancor più per la sua genesi e per l’eccellente lavoro svolto dai 23 allievi attori sul palcoscenico; ambiziosa nell’approccio al testo originale e nella prospettiva scelta nella messa in scena.

Come affermava sopra la stessa Dante, le peripezie di Odisseo nel Mediterraneo dopo la conclusione della guerra di Troia, vinta grazie alla sua astuzia, sono messe da parte in quest’adattamento mentre il centro nevralgico della messa in scena è la reggia d’Itaca e il nucleo familiare stesso del sovrano acheo, ovvero la fedele consorte Penelope e l’ormai adulto figlio Telemaco, cresciuto nel mito d’un padre mai conosciuto.

Non a caso, la vicenda parte sull’Olimpo dalla richiesta di Atena d’intercessione a Zeus per Odisseo, bloccato sull’isola dell’immortale e bellissima ninfa Calipso, per poi spostarsi ad Itaca dove Telemaco e Penelope sono prigionieri nella propria reggia dei Proci, i giovani nobili dell’isola pretendenti al trono e alla mano della regina. Il giovane principe avvicinato e spronato, sotto mentite spoglie umane, dalla divina Nike decide di partire alla ricerca di notizie sul genitore disperso da lungo tempo, malgrado il dolore della madre e le rimostranze dalla nutrice Euriclea, la quale ha cresciuto padre e figlio ed è l’unica serva fedele alla memoria del re.

Odisseo apparirà molto dopo per essere liberato da Calipso e per ricongiungersi col figlio adulto, che non ebbe mai occasione di conoscere, nella propria patria, porre fine nel sangue all’arrogante assedio alla sua dimora da parte dei dissoluti Proci e riabbracciare l’amata sposa. Le interazioni familiari sono il fulcro dell’opera a discapito del viaggio, relegato in alcuni frammenti scenici incentrati sui preparitivi di Telemaco alla ricerca del padre e di Odisseo nella rotta verso casa.

La casa è il luogo da cui si parte e a cui si ritorna per la drammaturga sicula, la quale sovverte parte del senso del fato di Ulisse impossessandosi dell’epico poema omerico.

Un’opera complessa e stratificata, a livello di letture interpretative, qual’è l’ Odissea non può che esser riadattata con un punto di vista che restringa il campo ad alcuni aspetti tematico stilistici e tale è stato l’operato di Emma Dante e dei suoi studenti, i quali hanno attivamente partecipato alla realizzazione dello spettacolo.

L’adattamento è eccezionale, visivamente ipnotico e roboante: un fluido, perpetuo movimento di corpi, voci e identità- alcuni attori interpretano più ruoli- reso magnificamente dalla regia della Dante, autrice pure dei costumi e degli elementi scenografici.

Lo spettatore è, letteralmente, rapito dall’alternarsi di dialoghi, coreografie e musiche; incantato dalla fisicità che trasuda da tale opera, come di norma nella cifra stilistica della drammaturga.

Il ritmo è impressionante: gli attori si muovono in una sincronia totale, frutto di un lavoro di ben due anni, eseguendo coreografie suggestive come nella scena della celeberrima tela tessuta da Penelope, nella quale ancelle e proci mimano la tessitura d’un vero e proprio sudario che ricopre una distesa regina d’Itaca; o come nella bellissima scena della partenza di Telemaco in cui è il mare protagonista assoluto di danze e voci.

Il Teatro di Emma Dante è carnale, fisico, mette in mostra corpi affascinanti e umani nelle loro imperfezioni, giocando con la miscela di grottesco e sensuale che la fisicità umana possiede in sé.

A proposito di grottesco, l’artista ne ha fatto un’altro elemento stilistico proprio, una sorta di chiave di lettura della realtà; ecco dunque l’utilizzo di un dialetto palermitano arcaico che accentua la volgarità dei Proci ma anche la forza emotiva dei personaggi, la presentazione di divinità caricaturali di cui simbolo è Zeus stesso.

Il Padre degli dei è raffigurato come un culturista dai muscoli ipertrofici, vanesio e gigione, costantemente più preso dalla propria avvenenza ché dal mondo circostante.

Una messa in scena straordinaria e riuscita nella quale se una pecca si vuol trovare nel lavoro della Dante, essa sta nel predominio della realizzazione visiva rispetto alla scrittura del testo, molto semplice e contenuta in paragone alla grandezza della resa scenica.

Coerentemente con l’idea presentata nell’opera, Odissea a/r non si conclude con l’irrequieto Odisseo che riparte verso nuove avventure, incapace di restare ancorato persino ai suoi stessi affetti.

Il personaggio delineato qui è innanzitutto un padre e un marito desideroso di tornare a casa, la sua brama di conoscenza, che ne è il tratto principale nel testo omerico, qui è ignorata e forse è questo l’unico punto che non ha convinto me personalmente, quale amante di lunga data di Odisseo, poiché ne inficia la natura
originaria.

Se nella parte finale risiede quest’opinabile debolezza, invece il dialogo tra Telemaco entusiasta all’idea di partire e la protettiva nutrice Euriclea è forse il momento più riuscito e suggestivo dell’intero adattamento.

In esso si concentrano la potenza visiva e il lirismo proprio dello stile di Emma Dante, catturando cuore e mente dell’intera platea.

Tale scena è lo zenith di un’opera pienamente meritevole del successo che sta riscuotendo e il nostro plauso va oltre che alla drammaturga che dimostra una magistrale capacità regista, ai 23 interpreti e al lavoro svolto in due anni di fase preparatoria ed è raro che un numero così alto di studenti riesca a raggiungere
contemporaneamente tale bravura.

Le coreografie sono impeccabili ed è merito della collaborazione di Sandro Maria Campagna quanto l’uso connotativo delle luci da parte di Cristian Zuccaro; le musiche e le canzoni originali sono state scritte da Serena Ganci e Bruno Di Chiara.

Lo spettacolo sarà in scena al Teatro Argentina fino al 5 Febbraio 2017.

Roberto Cesano