Quasi niente @ Teatro Argentina – Roma

Deserto Rosso fu il primo film a colori di Michelangelo Antonioni, realizzato subito dopo la celebre trilogia sull’incomunicabilità- L’avventura, La notte, L’eclissi- con una giovanissima Monica Vitti all’epoca musa del regista e sua partner nella vita.

La cinematografia sull’infelicità borghese di Antonioni e il talento straordinario di Monica Vitti sono delle basi piuttosto ardue su cui costruire uno spettacolo, per l’istintivo e innato paragone che spettatori e critica faranno con esse.

Quasi niente s’ispira ai temi e ai personaggi della pellicola del celebre cineasta e   il testo fa di Deserto Rosso un punto di partenza per una riflessione sulla precarietà esistenziale umana nel nostro tempo; sull’impossibilità di alcuni individui di sostenere il peso delle meccaniche e delle maschere sociali, fino a esser fagocitati da un malessere interiore privo di cure efficaci.

Tre donne e due uomini, proporzione scelta per evitare di creare triangoli amorosi nella volontà degli autori, narrano agli spettatori il proprio mal di vivere rivolgendosi direttamente loro: la quarta parete della finzione scenica cade e ci s’interroga, durante lo spettacolo, sulla natura di un’opera monca d’una trama tradizionale e sul senso stesso dell’omaggio al film culto in questione.

La scarnificazione interiore e al contempo l’essenzialità caratteriale dei personaggi, sono rese sapientemente dalla scenografia e dalle luci di Gianni Staropoli , dalla scelta dei look dei protagonisti e dalla voce della cantante Francesca Cuttica, che canta un melanconico brano senza accompagnamento musicale.

 La resa di Quasi niente nella sua interezza è un esercizio di stile minimalista; una sorta di voce sommessa che porta in scena il mal di vivere d’individui fragili tra sussurri e qualche urlo, soffocate queste ultime istantaneamente poiché non v’è spazio per la catarsi nel testo di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, come non v’era in Deserto Rosso nelle intenzioni del regista.

L’incapacità rassegnata e dolente di trovare un posto nella società non cede a momenti di pace, tutt’al più al più a un precario equilibrio facile da incrinare, come mostra l’interpretazione di Monica Piseddu, costantemente tesa tra nevrosi e apatia.

L’opera di Deflorian e Tagliarini non è perfetta: vi sono alcune lungaggini, schemi comportamentali abusati nella messa in scena della solitudine degli uomini gay; l’omaggio a Deserto Rosso è meno riuscito nei momenti in cui i personaggi parlano del film e citano le parole di Giuliana/Monica Vitti,incarnazione dell’alienazione nella pellicola di Antonioni.

 Nel resto dello spettacolo, al contrario, l’essenza del film e del messaggio di Antonioni sono ben colti e rappresentati dagli autori, attraverso una rarefazione formale espressa da una recitazione sobria, trattenuta, su un palco grigio e scarno-aggettivo che torna spesso nella descrizione di Quasi Niente- e in ciò sta la vera celebrazione della bellezza di Deserto Rosso.

Daria Deflorian è la più ispirata sul palco; il suo personaggio ipnotizza letteralmente il pubblico col suo fiume di parole ed è il collante scenico, attorno a cui orbita il resto degli interpreti.

Quasi niente è uno spettacolo imperfetto, dotato di un fascino sottile come spire di fumo, crudele e volutamente in grado di suscitare il riso in sala, per poi tornare all’amara consapevolezza del vuoto esistenziale che caratterizza il nostro Tempo.

In scena fino al 14 ottobre presso il Teatro Argentina, all’interno della prestigiosa rassegna Roma Europa Festival.

Roberto Cesano