Re Lear è morto a Mosca @ Teatro Palladium – Roma

C’era una volta nell’URSS di Stalin, un teatro yiddish nel cuore di Mosca; prima che il baffuto Padre della Patria fosse morto quel teatro fu spazzato via dalla Storia con un soffio e gli attori si dispersero o furono trucidati dalle autorità sovietiche.

Re Lear è morto a Mosca di César Brie è un meraviglioso, buffo e dolente, omaggio al teatro ebraico Goset e alle donne e gli uomini che ne furono parte.

Un atto d’amore verso il Teatro attraverso il Teatro, presentato all’interno della rassegna Audience Revolution 2024 ieri, 13 dicembre, al Palladium come sua degna conclusione con il successivo incontro con il regista ed il cast, in cui Brie e gli attori hanno illustrato il lavoro e le motivazioni dietro allo spettacolo.

Uno spazio scarno con pochi elementi in scena, luci fioche ed un nutrito gruppo d’interpreti per inscenare in farsa e tragedia una vicenda straordinaria qual’è quella del Teatro Goset, fondato dal regista Aleksandr Granovskij e dal celebre pittore Marc Chagal nella Mosca del 1919, due anni dopo la rivoluzione comunista che rovesciò l’impero zarista in Russia; progetto sorto dall’idea di coniugare teatro e tradizione yiddish per portare in scena la cultura ebraica, con ampi consendi di pubblico e critica in tutta Europa.

Chagal lasciò un dipinto al Goset, abbandonandolo dopo il primo spettacolo per i continui diverbi con Granovskij e,successivamente,lascio l’URSS presagendo l’antisemitismo e la diffidenza verso gli artisti che avrebbero caratterizzato il regime bolscevico sotto Stalin.

Lo stesso cofondatore, approfittando d’una tourné in Francia, si diede alla macchia lasciando il Goset nelle mani del primo attore Solomon Michoéls fino alla morte di questi,a Misk nel 1948.

Michoéls divenne una celebrità e gran parte del suo lavoro come direttore artistico fu svolto dal suo pupillo, Veniam Zuskin, che ne ereditò il ruolo fino alla sua esecuzione nel 1952, sancendo di fatto il sanguinoso epilogo dell’esperienza artistica del Teatro Goset.

Il primo fu vittima d’un discutibile incidente, il secondo fu giustiziato come traditore; entrambi erano invisi a Stalin che detestava gli ebrei e mal digeriva l’idea d’un teatro yiddish nella capitale del suo regno comunista.

Lo spettacolo parte con il funerale di Michoéls per poi lanciarsi a ritroso sulla storia del Goset e quella di Zuskin, grazie alle memorie di sua figlia, sino a metter in scena il fato del teatro stabile.

Un viaggio a ritroso,tra farsa e dramma, effettuato con una miriade di soluzioni drammaturgiche che incantano la sala,

César Brie sa esser lieve anche nel dolore e nell’orrore, facendo sorridere e divertire lo spettatore fino alla commozione finale e ad un voluto senso di spiazzamento, grazie ad una precisa, vibrante, cifra tematico/stilistica che caratterizza i suoi lavori.

Il regista, presente in scena in un ruolo di contorno, punta sul Corpo dell’Attore come materia plastica da forgiare,in uno sforzo combinato tra le sue intuizioni e quelle degli stessi interpreti,e sulle potenzialità, pressochè infinite, degli oggetti di scena per costruire opere d’una bellezza poetica straordinaria.

Il Teatro di Brie rappresenta il trionfo dell’immaginazione e dell’affabulazione, che grazie ad una misera scala di legno fornisce una serie di mirabilanti momenti nella messa in scena; un Teatro, come quello di Peter Brook e Pina Bausch che il regista definisce nel dibattito post rappresentazione sue fonti d’ispirazione, immerso nell’essenzialità primigenia del medium ovvero i suoi elementi basici: testo, attore, sottotesto, spazio scenico, luci e musiche.

Re Lear è morto a Mosca è un tassello prezioso nella drammaturgia di Brie, scaturito dal sodalizio con i giovani membri de L’isola del Teatro, la comunita artistica fondata dal regista a Piacenza negli ultimi anni; il folto cast ha dato un’eccellente prova attoriale corale, spaziando cineticamente tra vari generi con una maturità incredibile nell’utilizzo della propria fisicità- la scena di Stalin ed i suoi sottoposti in stile teatro delle marionette è geniale- perchè desacralizza la figura del dittatore, sottraendogli l’aura di timore che incuteva- ed è un esempio pregnante del lavoro ammirabile fatto dalla compagnia.

Una rappresentazione in grado di giungere al cuore ed alla mente dello spettatore, ne inonda le sinapsi del piacere che solo la fruizione dell’arte può suscitare, grazie alla sua immensa qualità artistica.

Un plauso a tutto l’ensamble: Laura Taddeo, Eugenio Cornitel, Davide De Togni, Anna Vittoria Ferri, Tommaso Pioli, Annalesi Secco, Alessandro Treccani e Leonardo Ceccanti- coautore della drammaturgia con Brie-.

Dopo lo spettacolo, il regista e la compagnia hanno illustrato le difficoltà del portare in scena uno spettacolo indipendente, la complessità del vivere in una collettività artistica ma anche i frutti di un’esperienza così intensa e densa d’impegno e sacrifici.

Roberto Cesano