Nonostante la Fantascienza sia spesso stata considerata un genere minore per un diffuso pregiudizio nei suoi confronti, essa ha saputo in molteplici casi raccontare il presente e predire il futuro dell’umanità attraverso la metafora di mondi e situazioni distopici.
The Handmaid’s tale – il Racconto dell’Ancella di Margareth Atwood è un’opera letteraria che ha sfruttato un’ambientazione fantascientifica in maniera agghiacciante, per affrontare il tema della condizione femminile e le molte sfide, ancora in atto, nel percorso verso l’emancipazione, divenendo nei decenni un romanzo di culto recentemente tornato in auge grazie alla nota ed omonima serie televisiva statunitense, interpretata dalla talentuosa Elisabeth Moss.
La potenza veicolata dal testo della Atwood risuona oggi in tutta la sua tragica forza: in un futuro imprecisato negli Usa, il governo democratico è stato rovesciato con la creazione di Galaad, stato marziale fondato sui precetti dell’Antico Testamento cristiano e le donne sono state private di ogni diritto costituzionale e di qualsiasi ruolo professionale e politico.
Uno dei motivi di tale avvenimento è stato la drammatica denatalizzazione in Occidente, causata dal forte inquinamento umano per cui il 90% delle donne è sterile e la popolazione in fortissimo calo; il governo di Galaad ha approfittato dell’emergenza per strappare al genere femminile qualsiasi libertà, destinando le cittadine ancora fertili al ruolo di ancelle, vere e proprie schiave che a turno sono introdotte nelle case dei militari al potere per generare degli eredi per questi ultimi.
Per consacrare tale abberazione, il governo di Galaad si rifà alla storia biblica di Rachele, sterile moglie di Abramo che costrinse la sua serva a partorire il figlio del marito come fosse una sua estensione.
La scrittrice nordamericana descrive, con dovizia di particolari, il rito a cui sono sono sottoposte le ancelle e le mogli dei comandanti d’alto lignaggio politico,durante cui questi ultimi hanno un rapporto sessuale con loro nel tentativo di ingravidarle sotto gli occhi delle consorti e lo rende letteralmente atroce.
Nel romanzo, il lettore non conoscerà la sorte di June/Difred ovvero l’ancella che narra in prima persona l’orrore di Galaad e della sua condizione, mentre il serial volge al termine dopo una serie di stagioni acclamate in cui questo mondo distopico è stato espanso e mostrato maggiorente rispetto al romanzo e di cui s’attende il finale.
Portare in scena un’opera così complessa e disturbante non è affatto semplice, tuttavia l’adattamento diretto da Graziano Piazza è riuscito a traslare la materia incandescente del testo e a donarle una dimensione tetrale alquanto riuscita e convincente, riproducendo il senso di turbamento che il romanzo lascia.
Viola Graziosi è sola in scena a narrare, come nel libro e nella serie fa la protagonista in prima persona, i pensieri di June attraverso un lungo monologo che riprende alcuni dei punti salienti del testo; ella si rende strumento efficace e suggestivo in grado di tramettere allo spettatore il caos emotivo e lo straniamento dell’ancella e tramite il suo corpo e la sua voce si vive veementemente ciò che June/Difred sta subendo.
Visibilmente commossa e partecipe, la Graziosi è il nostro personale Virgilio nell’inferno di Galaad e di un mondo dove nulla ha più senso per le donne, siano esse le ancelle usate come incubatrici umane, le mogli dei comandanti come Serena Joy vittime e canefici di sé e della società in cui sono relegate e delle Zie, donne la cui mansioni è indottrinare le ancelle e prepararle a servire fedelmente la dittatura teocratica.
In una scenografia scarna ma adatta e con l’ausilio delle musiche di Riccardo Amorese, che connotano con maestria l’interpretazione della protagonista, l’attrice compie un’impresa non scontata: ovvero riuscire a tenere alta l’attenzione della sala per quasi un’ora e mezza completamente da sola.
Merito della felice regia di Piazza e del suo indubbio talento.
The Handmaid’s tale è l’ennesimo gioiello della riuscita stagione del Teatro Basilica e merita d’esser visto ed apprezzato per la sua capacità di fornire un adattamento in grado di non sfigurare con il testo originale e l’ottimo prodotto televisivo, sfruttando abilmente il linguaggion teatrale e le sue possibilità.
In scena sino al 16 aprile.
Roberto Cesano