Un borghese piccolo piccolo @ Teatro Eliseo – Roma

Vincenzo Cerami è una figura importantissima per il panorama culturale italiano: scrittore legato intimamente a Pasolini, che ne fu mentore e a cui fece da aiuto regista in due suoi film; sceneggiatore per le pellicole di Bellocchio, Giuseppe Bertolucci, Scola e per gran parte della filmografia di Roberto Benigni come regista tra cui il blasonato  La vita è bella. Già, quando nel 1976 esordì con il romanzo Un borghese piccolo piccolo, fu chiaro che Cerami fosse un fine conoscitore del Belpaese e sapesse raccontarne scorci popolari, senza mai incorrere in facili giudizi o banalità.

L’adattamento cinematografico dell’anno successivo, diretto da Mario Monicelli e sceneggiato dallo stesso Cerami, sancì il successo di un testo sarcastico ma durissimo nel criticare il ceto medio italiano e la sua miseria morale, grazie anche alla memorabile interpretazione di Alberto Sordi nel suo ruolo drammatico più importante.

Un romanzo ispirò una pietra miliare del Cinema Mondiale; uno dei capolavoro di Monicelli, mai troppo rimpianto padre del nostro Cinema.

Al Teatro Eliseo fino al 5 novembre, il regista Fabrizio Coniglio e Massimo Dapporto portano in scena un adattamento teatrale di tale opera, lanciandosi nell’ardua sfida di confrontarsi con un testo e un film così riveriti e impegnativi.

Giovanni Vivaldi è un impiegato minesteriale prossimo alla pensione legatissimo al figlio Mario, un ingenuo e semplice ragazzo appena diplomatosi in ragioneria, e deciso a far qualunque cose per far passare al figlio un ambito concorso ministeriale. Sotto pressione anche da parte della moglie, Amalia, si reca dal dottor Spaziani, suo superiore, per chiedere aiuto e si ritrova arruolato nella Massoneria da questi come gran parte del Ministero, in cambio dell’occhio di riguardo per la prova di Mario.

Quando arriva il giorno del concorso, tutto pare andare per il verso previsto ma il fato colpisce duramente la famiglia Vivaldi, fino a ridurla in cenere.

Un borghese piccolo piccolo è una rappresentazione della società italiana degli anni ’70 terribile e impietosa nella sua forma di commedia nera, più simile di quanto appaia alla vita reale, che spesso asume toni grotteschi e privi di logica. Un quadro di un’epoca per nulla lontana di fermenti politici e brutalità, con protagonista la media borghesia italiana post boom economico.

La parabola discendente di Giovanni, che nel suo modo tutto italiano ha lavorato con impegno presso quest’innominato ministero e che reclama per sé soltanto un futuro dignitoso per l’amatissimo figlio, è un pugno nello stomaco per il pubblico; colpisce con una violenza spiazzante, smorzata e rediretta solo dalla costante vena ironica, e  mostra con rigore  quasi sociologico chi fossero i nostri connazionali 40 anni fa.

L’adattamento curato e diretto da Fabrizio Coniglio rende onore al testo di Cerami, risultando uno spettacolo confezionato con estrema cura e passione; dagli interpreti alle soluzioni sceniche e i giochi di luce fino alle musiche originali di Nicola Piovani, tutto si distingue per l’ottima qualità e l’impegno nel portare in scena il romanzo prediligendo l’aspetto umano della vicenda del protagonista, rispetto alle considerazioni politiche sul clima di quegli anni, per quanto non si risparmi nel ritrarre sarcasticamente la massoneria e i suoi vacui riti.

Coniglio dirige sapientemente il ridotto cast in un’opera di 90 minuti, in cui ritmi concitati si alternano a ironia e un lirismo soffuso nel raccontare la tragedia ridicola di questo borghese italico, sfruttando bene la soluzione scenica proposta da Gaspare De Pascali, che consiste nel presentare sul palco tutti gli ambienti contemporaneamente, mentre le luci di Valerio Peroni  connotano con grande forza luoghi ed emozioni dei personaggi.

La cucina dei Vivaldi è illuminata con calde tonalità, mentre lo studio di Spaziani è in penombra, in un’atmosfera sfumata come il personaggio stesso, interpretato magnificamente dal bravo Roberto D’Alessandro, in grado di rendere appieno il lungimirante, indolente, disincanto del personaggio.

Susanna Marcomeni è un’Amalia divisa tra un certo pragmatismo, tipico delle casalinghe, e momenti di   surreale umorismo come la scena della preghiera con l’incenso, che ricorda, piacevolmente, alcuni sketch di Anna Marchesini.

Forse la scena più forte come impatto emozionale ce la regala lei quando Amalia scopre tramite la tv la tragedia che l’ha colpita.

Massimo Dapporto interpreta, con la grazia della propria esperienza decennale, il ruolo del protagonista, emancipandosi dalla prova di Sordi, che però omaggia con una romanità sorniona e divertente.

Impeccabile in ogni scena, l’attore bilancia enfasi recitativa e leggerezza, dramma del destino e satira dei costumi, la meschinità e la profonda umanità di Giovanni Vivaldi, un borghese piccolo piccolo cui la vita ha presentato un conto troppo esoso e ingiusto.

La sua figura illuminata da una fredda luce bianca comunica tutta il dolore composto e la sconfitta di quest’uomo, fissandosi potentemente nella mente dello spettatore.

Roberto Cesano