Vetri rotti @ Teatro Eliseo – Roma

Brooklyn, zona residenziale per ebrei: la piacente e benestante Sylvia, moglie del, piuttosto, rigido contabile Phil, manifesta un’improvvisa ed inspiegabile paralisi delle gambe.

Il dottor Hyman, medico della donna ed anch’egli ebreo come i protagonisti, si convince che la natura del problema di Sylvia sia d’origine nevrotica e che vi sia un punto oscuro nella sua vita coniugale.

Inoltre, la paralisi è coincisa con le terribili delle persecuzioni degli ebrei da parte dei nazisti, in Germania, di cui la donna ha letto sui quotidiani.

Attraverso undici scene, il dramma di esistenze, apparentemente agiate, si manifesta in tutta la sua forza attraverso il doppio registro della storia personale e la Storia con la esse maiuscola.

Il blocco di Sylvia, inorridita dalla sorte degli ebrei tedeschi, fagocita la vita professionale del marito, che ha sempre detestato la propria condizione di ebreo negli States ed ambisce ad essere considerato al pari dei gentili- termine con cui si definiscono i non ebrei per nascita o confessione-.

Le loro differenti posizioni, riguardo alle comuni origini, celano una serie di problematiche sessuali e relazionali all’interno del matrimonio.

Paura e desiderio, timori e ataviche vergogne, condiscono lo straordinario testo di Arthur Miller, nel quale l’ancestrale antisemitismo che caratterizza gli Usa è affrontato come questione collettiva e privata.

Testo potente e ammaliante, portato in scena con passione e convinzione dall’ottima regia di Armando Pugliese e da un buon cast.

Maurizio Donadoni brilla nel complesso ruolo di Philiph, l’ebreo che rigetta se stesso e che come il mondo intero fece a lungo nega l’Olocausto, mentre è in corso.

Il suo portamento, inizialmente composto e misurato, diviene sempre piu’ barcollante ed impacciato per evidenziare il crollo della zona di conforto, in cui s’era illuso di poter restare a vita.

Elena Sofia Ricci regala una Sylvia intensa, quasi pacata e calma nella sua nevrosi, per poi esplodere di fronte agli orrori del mondo e quelli mediocri e asfissianti del talamo nuziale.

Espressiva e coinvolgente, la sua interpretazione trascina lo spettatore nel marasma di impulsi repressi e terrore atavico che immobilizza il suo personaggio.

David Coco è fascinoso ed empatico nel ruolo del medico attratto ed inquietato al contempo dalla bella paziente.

I costumi, ottimi, di Barbara Bessi ne esaltano l’eleganza virile come denotano la frizzante essenza dei personaggi di Elisabetta Arosio e Serena Amal Mazzone, rispettivamente la sorella di Sylvia e miss Hyman.

Azzeccate  le scenografie e le musiche, in grado di far immergere ancor di piu’ nell’epoca della trama, terribilmente attuale per i temi affrontati.

Un adattamento riuscito e brillante che merita d’esser visto.

In scena al Teatro Eliseo fino al 16 febbraio.

Roberto Cesano